L'Italia e gli Stati Balcanici 391 niata su codesta pretesa intimità con l’Austria. A questo concetto tutto è stato sacrificato. Noi abbiamo creduto per un pezzo — e non parlo in questo caso del periodo Tittoni soltanto — che la triplice alleanza ci obbligasse addirittura a seguire cecamente la politica austriaca nella Penisola Balcanica nelle sue mire e nel suo atteggiamento contro la Russia, senza che alcun patto ce lo imponesse. Ed è tanto vero che non ci facevano questo obbligo i patti dell’alleanza, che la Germania, alleata essa pure, non prese mai, Ano a parecchi anni fa, una parte troppo viva in tutte quelle questioni, e più d’una volta, quando l’Austria accentuò in senso troppo aggressivo la sua politica, si ritrasse in disparte, non volendo fossero alterate le sue relazioni cordiali con la Russia. Noi invece ci siamo gettati a capofitto in questa politica austriaca sostenendo l’atteggiamento dello Stambuloff in Bulgaria contro la Potenza liberatrice, quando vivissimo era il risentimento della Russia e quello personale dello Czar contro il successore del Battemberg. Ne è a credere che tale nostra condotta corrispondesse veramente ad un programma liberate, come qualcuno diceva (1), asserendo che l’Italia doveva necessariamente informare la sua condotta al concetto di sostenere il principio della nazionalità; perchè, mentre ci si comprometteva a quel modo, sempre ed unicamente per seguire la politica austriaca, contribuivamo, sia pure indirettamente, a conculcare in mille modi la nazionalità serba: te aspirazioni cioè (1) In quella lotta non poteva mancare la simpatia nostra per la Bulgaria che. in fondo, difendeva la sua indipendenza. Ma è l’intonarone deplorevole che anche in questo ebbe allora la nostra politica ciò che vi fu di sbagliato. Non si sosteneva la Bulgaria per la Bulgaria; ma solo per seguire la politica di Vienna, e le note della Consulta facevano eco a quelle della Ballplalz.