/ II telefono vietato 81 uui'are àolu muulcuuiidu i suui sudditi nell ignoranza e iiun lasciando penetrare nel suo impero la civiltà. !.<• ferrovie, la posta, il telegrafo, il telefono, sono dei mezzi dei quali la civiltà si serve per penetrare ed egli ne lia un sacro terrore. Alle ferrovie ba dovuto rassegnarsi a malincuore: ha dovuto subire il telegrafo — e le dunuslrazioni navali gli impongono ora gli uffici postali. £ riuscito a tener luntuuu soltanto il telefono. Una società tederà ha chiesto da parecchi anni la concessione per una rete telefonica a Costantinopoli, ma il Sultano .1 uè vuoi sapere, e non gliene importa prupno nulla se la mancanza del telefono è sentita più che mai, m una città vasta come Costantinopoli, sopratut- 10 l‘e»tate, •piando, una gran parte della popolazione euro|>ea si trasferisce a Terapia o negli altri paesi del Bosforo. Bau cercato di dimostrargli che col telefono anche la sua polizia potrebbe meglio esercitare il suo ufficio. Ma ciò non ha servito a nulla. Il che non vuol punto dire non abbia capito l'utilità del telefono. I palazzi imperiali sono tutti collegati col telef> no, ed egli stesso se ne serve ad ogni momento, per far chiamare il tale o il lai altro, per controllare se 11 tale funzionario è o non è al suo posto. Oh, anche il Sultano trova che il telefono è una bella ed utile cosa. Ma per sè: non per gli altri... Ijd poste estere sono uno dei suoi prandi cauche-mar*. £ mortificato all'idea di non poter esercitare alcun controllo. E sa benissimo che. con questo tramile, arrivano a Costantinopoli, e som» distribuiti, agli stranieri non solo, ma anche ai sudditi turchi, i giornali che parlano male di lui. Sa che cumspon-dono con le poste estere i giovani turchi di fuori coi loro amici di qui, senza che egli possa esercitare per mezzo della sua polizia personale alcun control- Vi«ana>i Ami* •