Abdul Hamid e la stampa 295 fatalista, e non crede che la forza, la potenza mussulmana sia scemata per questo. Per lui persino lo Egitto è ancora turco. Nessuno crede più di lui al dogma dell’integrità! Qualche anno fa, non ricordo in quale circostanza, la nostra Ambasciata fu da lui ricevuta. Era appena arrivato a Costantinopoli in qualità di segretario il eav. Sforza, ora ritornato nella capitale turca come consigliere. Naturalmente il nostro Ambasciatore lo presentò al Sultano. Lo Sforza era in uniforme e siccome era stato prima addetto alla nostra agenzia diplomatica al Cairo, aveva la decorazione del Medij-dié conferitagli dal Kedivé. In Egitto vi sono gli stessi ordini cavallereschi che in Turchia. Il Sultano vedendo quella croce e sentendo che era stato prima in Egitto, non tenendo alcun conto... del bombardamento di Alessandria, gli disse queste testuali parole : — Sono lieto di vedere che avete cominciato la vostra carriera nei miei Stati!... Però anche quest’uomo, che vive sempre nel terrore non è insensibile alla lode, tutt’altro! A differenza dell’infelice Murad, che parlava assai bene francese e conosceva anche l’inglese, non conosce alcuna lingua europea. Ma è sempre curiosissimo di sapere ciò che si dice di lui in tutte le lingue. E in tutte le lingue ha pagato profumatamente l’elogio — e la difesa quando ò stato attaccato, o il silenzio se non poteva ottenere altro. Quasi ogni anno si pubblicava in qualche grande capitale qualche libro su Abdul Hamid, la cui erudizione completa era comperata daH’Ambasciata Ottomana, o da qualche agente segreto di Ildiz Kiosk. E qualche volta — perchè non dirlo? — era l’autore stesso il quale non domandava di meglio che di veder comperate — e a buone