— 29 — mani, e si commisero agli alleati del nome latino diecimila fanti con cinquecento cavalli. Nè parve bastare. Il console Marco Giunio ebbe ordine di passare nella Gallia e mettere insieme soldati nelle città della sua provincia, e quanti più mai potesse da ciascuna. Nel tempo stesso si decretò che il pretore Tito Claudio intimasse ai soldati della quarta legione e a cinquemila fanti e ducccntocinquanta cavalli degli alleati latini di raccogliersi a Pisa, e difendere quella provincia insino a tanto che il console ne fosse assente, e che 1’ altro pretore, Marco Titinio, ordinasse alla prima legione e ad egual numero di fanti e cavalli degli alleati di concentrarsi a Rimini. Nerone, uscito da Roma paludato, andò a Pisa, sua provincia. Titinio si portò tosto a Rimini ; Caio Cassio, tribuno de’ soldati, comandante della legione, fu fatto restare in Roma per la leva. H console Marco Giunio, passato dalla Liguria nella Gallia, comandati aiuti e soldati alle città ed alle colonie, giunse in Aquileja. Quivi, fatto certo che l’esercito era salvo, scrisse a Roma che si mettessero in calma, licenziò gli aiuti di Gallia e raggiunse il collega. Fu grande a Roma la gioia per l’impensata novella ; si smossero le leve, si sciolsero da giuramento coloro che lo avevano dato, e l* esercito, che era travagliato a Rimini dalla pestilenza, fu rimandato a casa. Gl’ Istriani, accampati con grandi forze poco discosto dal campo dei console, come udirono venuto l’altro console e un nuovo esercito, si dispersero a mano a mano per le loro città. Ma i