— 178 — L’ onorevole colonnello non si perita di chiamare coll’ ufficioso aggettivo di paterno il governo austriaco sulla Venezia-Giulia. Gli è un vecchio e sciupato vocabolo, che può essere oggi adoperato soltanto da chi sia rimasto al tutto estraneo alle idee moderne ed a quella che si potrebbe a dirittura chiamare la psicologia dei popoli. Nel pubblico reggimento nulla di paterno rimane possibile senza offesa sopra persona matura e cosciente davvero. E il solo fatto fisico che può (ed anche fino a limiti determinati di tempo e di condizione) legittimare il diritto e il fare paterno. — La patria potestà senza tale legittimazione è il più rigoroso sinonimo che esista delle due parole umiliazione e costringimento. Ma tutto ciò a questo punto è detto così per dire e tanto per intendersi, magari incidentalmente, sul valore di un vocabolo di uso equivoco, il quale per altro non riesce qui affatto del caso neanche nel suo più antiquato ed inaccettabile senso. Forse che poteva dirsi paterno, nemmeno nel 1820, il fare ogni prova di snazionalizzare in una colta regione ogni cosa, principiando dalla scuola e-lcmcntarc, anzi dalla chiesa, e sforzandosi di fare che i bambini, a’ quali la mamma mette in bocca per prima la parola padre, sostituiscano il Valer unser al pater noster ? — Qui toma a capello la frase famosa del Gladstonc contro il Borbone, imperocché in Italia l’intedescamento di Dio equivale senza meno alla sua negazione. E con qual prò ? —