cuni scienziati slavofili, i quali si dessero 1’ aria di trattarne gli interessi, essi avrebbero lo spirito di far loro sul serio la domanda del cardinale d’ Este a messer I .odovico Ariosto. Il Combi disserta con acutissima critica intorno alla distribuzione attuale delle loro schiatte nell’Istria, ne fa risaltare le più notevoli differenze, ne chiede alla storia le vicende genetiche e il vario sviluppo nella successione dei reggimenti ovili. Tornando ai numeri, e facendo anche la concessione di sommare, sebbene non sommabili insieme, le razze Slave, noi troviamo che esse stanno alle Italiane come no a ilio mila, cioè precisamente come 7 a io. Questi sette diciassettesimi Slavi parlanti tanti dialetti o meglio tante sub-lingue quante sono le loro diverse provenienze, storie e varietà di faccia, di stru-tura e di foggie; mentre i dieci diciassettesimi di Italiani parlano non solo l’italiano, ma su’per giù il veneziano, senza sostituire (come negli altri punti della costa adriatica non italiana, dove esso è una importazione) nè l’infinito all' indicativo, nè il tu del curioso quaccherismo dalmato e schiavonc al voi ed al lei della ordinaria conversazione. Mettono tutt’ al più qualche u o qualche e dove Castello o Cannareggio usano l’o o I* a. Eglino, completando colla loro legittima appendice i tronchi del veneziano moderno, si accostano di più alle forme goldoniane ed alle oratorie antiche. C'è inoltre d'aggiungere che in Istria la pronunzia differisce dalla Toscana parecchio meno che in Ve-