panno, ai calzoni non oltre al ginocchio, spesso di pelle di dante, e alle calze per lo più bleu colle scarpe a punta larga e quadra. Gli altri di S. Pietro sono invece vestiti di rozzo panno castagno, detto griso, il quale è proprio degli Slavi della provincia ; il loro farsetto è senza falde, lunghi gli stivali calzanti tutto il polpaccio, i corti calzoni e la giacchetta pure di griso. Vestono diverso anch’ essi dagli Slavi del Carso di Raspo. Essi hanno in capo il berretto di feltro o il cappello a larghissime tese, con nastro di velluto, in dosso un palandrano, o cappotto che voglia dirsi, di griso castagno, senza maniche, e sotto un altro dello stesso panno, ma più lungo e con maniche ; i loro calzoni di griso bianco sono stretti a tutta la gamba, la calza ne sormonta 1’ ultimo lembo ed è raccomandata a certi gangherini ; al piede non hanno scarpa, ma sandalo. Sono ad essi particolari anche i solini fregiati con molta cura. I vicini Slavi, così dell’ Istria, come delle altre provincie, li chiamano Gei, termine sprezzativo che evidentemente si riferisce all’ origine loro non già slava, ma romanica. Altro costume è quello degli Slavi presso il Monte Maggiore. Costi il copricapo è un berretto di feltro ; il loro cappotto è assettato ai fianchi, e con falde più tondeggianti ; hanno calza orlata di cilestro ; scarpe e non sandali. Più giù egualmente un cappotto, ma con sono il farsetto ; paramani, mostreg-giaturc e bavero di color cilestro. L’ adoperare o no il griso, e questo o castagno o bianco, foggiato a giacchetta o a cappono, sono, più che indizi, criteri