XXXI sone sono le più disadatte a intendere, che uno Stato già fatto non è in grado di usare utilmente e legittimamente le stesse arti colle quali s’è fatto, senza dire che tra le forze, le quali hanno contribuito a formare il Regno d'Italia, essi sono stati sempre soliti ad apprezzare assai più quelle popolari e spontanee, la cui parte è stata di molto minore, che non le regolari, ufficiali e preparate, che in fin dei conti hanno concluso tutto. Come mai tali persone troverebbero nel lor cuore, nella lor mente quel complesso di mezzi che soli restano ad adoperare oggi per finire quando che sia un’ impresa, ch'era urgente il principiare e il condurre sin dove è giunta? Dov'hanno essi la fiducia di quelli, che abituati al moto non cessano di volersi muovere, e degli altri, a’ quali, invece, occorre persuadere, che se l’Italia brama altri lembi di terra, non è ingordigia la sua, nè v’ è stimolata da nessuna impazienza, ma è giusto giudizio del-l'utilità propria c dell' altrui, ed è uso di quel sano e calmo criterio nelle cose politiche, che non vieta a nessuna nazione di proporsi mete ulteriori, ma non consiglia a nessuna di raggiungerle, scompigliando sè, o turbando la pace d' Europa in modo pericoloso per tutte. X i non dobbiamo gridare che abbiamo Italiani a