sussurra: « Quell’altro, l’imperador, non veniva mai a veder noialtri poveretti ! » Il corteo delle automobili si ferma in Piazza Italia dinanzi al portone del Municipio: i bersaglieri, disposti in quadrato davanti all’ingresso, presentano le armi. Un attimo dopo i balconi del primo piano, ingualdrappati di drappi rossi ricamati del raffio triestino in filigrana d’argento, si spalancano. Ad un poggiuolo, mentre gli applausi si fanno formidabili come un tuono, si presentano il Re — nella sua bassa tenuta grigio-verde, a capo scoperto — il Sindaco, i generali Diaz e Badoglio. Allora il delirio della moltitudine, stipata nella gran piazza, non ha più limiti. I cordoni dei bersaglieri e dei marinai vengono rotti ; gli uomini agitano i cappelli, le donne i fasci di fiori, i bimbi le banderuole. L’acclamazione crosciante al Re d’Italia rimbomba come una cannonata ripercossa più volte dalla chiostra ampia dei monti. Il Re, pallido di commozione, trasfigurato da un luminoso sorriso, risponde con la testa all’ovazione crescente. Le bandiere di mille sodalizi italici s’innalzano verso di Lui ; dai piani superiori del palazzo comunale le signore, le fanciulle triestine gettano fiori sulla balconata sottostante, la cui architettura scompare sotto una nevicata di corolle. Alle grida <( Viva Savoia ! » si mescolano quelle di « Viva Diaz ! Viva Badoglio ! ». I generali della vittoria rispondono al saluto la mano alta, come giurando fede all’avvenire della città liberata. 1 re volte il Re è costretto a ripresentarsi al balcone dall entusiasmo triestino. Alla terza volta cessano le grida, cessano gli applausi e la moltitudine immensa eleva unanime il canto di Mameli: «Fratelli d’I- - 106 —