riserve sulla necessità d'una noetra occupazione. Ufficiali della Marina austro-ungarica, rimasti in città e non totalmente rassegnati alle mutate vicende, non sono estranei alla diffusione di costesti dubbii. Certo l’opera loro e quella dell’elemento nazionalista locale — fanatico ed ignorante — altera la calma e spegne la cordialità della parte jugo-slava della cittadinanza, quantunque non cessino i rapporti ed i contatti fra il Comitato e le prime nostre autorità militari. Il Comitato, redatta una protesta formale contro l’occupazione, collabora tuttavia con le nostre autorità nell’assetto richiesto dalle circostanze. Il giorno 7 novembre, grazie a cotesti scambi di rapporti, è possibile scegliere tra i molti piroscafi che dinante la guerra furono riparati nel lago di Proklian, a nord della città, bastimenti da adibire temporaneamente all’uso di navi caserme e qualche trasporto per il rimpatrio dei prigionieri. Il mattino di poi, il nostro personale faceva regolarmente funzionare la stazione radiotelegrafica. L’8 novembre, alle 9,30, giunse il cacciatorpediniere Schiaffino con il contrammiraglio Notarbartolo. E, nella stessa giornata, arrivò il Cortellazzo, con battaglioni della Marina i quali, scesi a terra, occuparono i forti dominanti la città, i cantieri, le batterie a mare, gli sbocchi, i passaggi che danno accesso al porto interno. Guernimmo anche gli hangars della Maddalena, nei quali fu trovato uno scarso numero di buoni idrovolanti. Si cominciò anche a provvedere al raccoglimento ed all’inquadramento di alcune migliaia di prigionieri italiani affluiti dalle regioni dell’interno, appena si sparse la notizia della presenza di nostre navi a Sebenico. Questi prigionieri, a mano a mano che ven- — 153 -