dare ai responsi dell’oracolo di Delfo. « Italiani, Ly-biam, Venetos » : non era tutto il programma della terza Italia inscritto dai veneti conquistatori di Bisanzio, or’è settecent’anni, a grandi lettere romane, sull’arco maggiore del loro tempio ? Non formularono fin d’allora, i musaicisti, la sintesi delle nostre aspirazioni e dei nostri destini con un’inconsapevolezza esatta che oggi sembra portentosa profezia? E perchè la scritta fosse eterna, non la incastonarono nell’oro con la sostanza più duratura che conoscessero ? E perchè fosse santa, non la incurvarono sopra la reliquia più preziosa che possedevano : il corpo dell’Evangelista d’Alessan-dria e d’Aquileja ? La leggenda di Bono da Malamocco e di Rustico da Torcello, navigatori e mercatanti, non ha ancora trovato il suo poeta; ma vale il mito d’Ulisse. Salparono a bordo d’un piccolo veliero, quei due oscuri uomini di barene; e rischiarono tutto, essi trafficatori, alla santità d’un’idea. Si diressero alla costa africana. Approdarono ad Alessandria, già dominio dei mussulmani, e scovarono la sepoltura di San Marco. Trafugarono dal sepolcro il corpo imbalsamato dell’Evangeli-sta, lo nascosero sotto un cumulo di carni porcine, avvolsero reliquia e carname in una vela della nave e portarono a bordo il grosso fardello. — Cos’è che caricate ? — chiesero insospettite le guardie saracene preposte alla vigilanza del porto. — Ecco — fecero i veneti e, spiegando i lembi della vela, mostrarono ai doganieri la carne macellata. — Kazir, kazir ! — esclamarono inorriditi i mussulmani. — E’ porco! — E ritorsero il viso da quello spettacolo empio. E dettero indietro. I veneti approfittarono del ribrezzo delle guardie per alzar presto le vele, mollare gli ormeggi ed allon- - 34 -