— e le città della Dalmazia, aventi popolazioni di nazionalità varia, debbano costituirsi in città libere o venire plebiscitariamente od in altra forma ricongiunte all’Italia, lo sono un uomo di mare e debbo quindi limitarmi a prospettare la questione della nostra sicurezza in Adriatico dal punto di vista delle nostre assolute necessità marittime e navali. Se il minimum delle nostre richieste verrà salva-guardato — e non potrà non esserlo, poiché soltanto le vittorie dell’Esercito e dell’Armata italiani sfasciarono la Monarchia austro-ungarica e quindi permisero alle popolazioni oppresse dell’impero di emanciparsi dall’antico regime fra gii ultimi d’ottobre ed i primi di novembre — noi potremo, come ho accennato, ridurre al puro indispensabile, per la tutela dei porti e delle coste, i nostri armamenti in Adriatico; e potremmo allora dedicare tutti i nostri sforzi all’incremento del traffico mercantile, con immenso vantaggio delle popolazioni isolane e specialmente delle popolazioni croate, bosniache, montenegrine ed albanesi. Poiché allora, e soltanto allora, noi ci sentiremmo sicuri in quel mare. Altrimenti, i nostri armamenti e le nostre difese in Adriatico dovranno essere intensificati, le nostre provvidenze per la prosperità di tutte le popolazioni dell’Adriatico forzatamente ridotte e ritardata quella cordiale cooperazione pacifica al benessere comune dell’altra sponda che è anche interesse dell’Intesa favorire ed affrettare in ogni modo. Non dimentichiamo l’incursione avversaria del 24 maggio 1915 che potè avvenire perchè le nostre coste si trovavano difese soltanto dalla loro situazione giuridica di località aperte. Ma il giure non entrava nelle preoccupazioni del nemico, che le bombardò senz’altro. — 174 —