nente massa metallica, non molto meglio tenuta dalle altre navi, che troneggia sulle nostre teste colle quattro torri trinate da 305, con le sue due smisurate ciminiere, torva come il nome che porta. Dopo la Tegetthoff, fino a sei giorni fa, troneggiava un altro pachiderma di acciaio: la Viribus Uni-tis. Oggi non emergono più della grande nave da battaglia, che le due punte delle alberature, i gavitelli di ormeggio e la boa telefonica. Quando sfioriamo quelle acque, il tenente Joes, ch’è ora sulla plancia della « 4 P. N. », si rivolge al tenente di vascello Maroni che guida la rotta della nostra silurante e gli sussurra: — Qui bisogna passare un po’ al largo... — Lo so. Grazie. La torpediniera schiva gli ostacoli della Viribus Unitis affondata, s’inoltra tra Scoglio degli Ulivi e l’i-soletta verdeggiante di Sant’Andrea, s’arresta in faccia alla banchina del porto militare. 11 motoscafo con bandiera jugo-slava ci raggiunge ancora, viene di nuovo sottobordo. Vi si imbarcano il comandante Ciano, il tenente Sem Benelli, scelto a segretario del colloquio, e il tenente di vascello Joes. 11 motoscafo porta rapidamente i tre ufficiali al molo Bellona mentre la nostra torpediniera, lieta di sventolare, per prima, la bandiera d’Italia nel punto più interno del porto di Pola, attracca vicino al Licroma ed aWAdmiral Spaun; ed attende. A un tratto, sulla riva, udiamo un’esplosione d’applausi. Grida di « Viva Pola italiana » giungono fino alle nostre orecchie. Vediamo gente correre d’ogni parte ed affollarsi dietro le stecconate che dividono l’Arsenale militare dal resto della città. Sono gli operai italiani, i vecchi italiani, le donne e i bambini ita- — 87 —