— Fondo alle àncore! — Senz’adoperare l’arganello, che avrebbe cigolato, i ferri dentati sono calati a trattenuta di braccia. Appena un ciangottìo lieve si innalza dai cerchi dell’acqua increspata. Siamo immobili, a qualche centinaio di metri da terra. Dal gruppo si stacca il motoscafo che scivola via adagio, come una parvenza irreale ; e accosta a riva. Anche un bat-telletto a remi s’allontana dal fianco d’una silurante con vogate leggere ed approda. Le torpediniere rollano forte sul mare lungo. Si legano le marmitte della cucina, perchè non sbattano; si vigilano le valvole perchè non soffino e la combustione delia nafta nelle caldaie, perchè non sfavilli. Un nulla può rivelare la nostra presenza. Pola non è distante... Un paio di « caccia » che, avvertiti, volessero tagliarci la via del ritorno e catturarci, potrebbero arrivare in meno di tre quarti d’ora. Nella posizione in cui siamo, non potremmo neppure tentar difese. Basta, del resto, una delle tante batterie di Parenzo, ad annientarci. Non ne distiamo, in linea d’aria, che quattromila metri. Le vedette litoranee hanno dunque sonno anche stanotte ? Forse ve ne sono in quel casolare lontano, oltre il bosco; ci dev’essere un lume fioco nell’in-temo, perchè ne trapela il chiarore, ma appena, da un abbaìno. Un cane uggiola in direzione di Rovigno ; ma il suo lamento non ha sospetti. Le pattuglie sbarcate s’irradiano per la spiaggia dell’insenatura, sussurrano un nome ai margini del bosco. Dovremmo trovar lì, all’appuntamento, due informatori portati in quei paraggi una settimana innanzi. Ma nessuno risponde. Nessun’ombra s’aggira sull’arco leggero della baia. Nessun calpestìo esce dalle piante... Passa un’ora. Ne passano due. Niente! Bisogna aspettare fino al primo biancore dell’alba. I ma- — 17 —