I fatto issare bandiera italiana da guerra sul palazzo del Governo. Composto l’incidente, le autorità fanno ritorno al molo Adamic in mezzo a nuove ovazioni della cittadinanza italiana, cui s’uniscono anche parecchi « zivio » della minoranza croata. AH’indomani, l’ammiraglio Rainer riceveva la visita del contrammiraglio Prika — venuto da Zagabria in treno speciale — e poi delle signore fiumane, che tanto hanno contribuito a tener viva negli anni dell’oppressione la damma dell’italianità, ad alimentare, a vestire, a proteggere in ogni modo, affrontando rischi e minacce, i nostri prigionieri concentrati nei dintorni. Nel pomeriggio del 17 novembre, mentre alcune compagnie americane, un battaglione del 225° reggimento di fanteria, due battaglioni di marinai al comando del capitano di corvetta Casarano ed un plotone di carabinieri sbarcavano a Fiume dalle nostre navi, truppe della 54a divisione agli ordini del generale di San Marzano, suddivise in quattro colonne, entravano in città dalla parte di terra e stabilmente l'occupavano. Un contingente serbo al comando del colonnello Maximovic, che v’era penetrato illegalmente, senz’alcun preavviso, due giorni prima, venne allontanato fino dalla sera del 16 novembre. Le bande croate si ritirarono al di là del fiume, nei dintorni di Sussak. L’ordine è stato finalmente e facilmente ristabilito. Ma l’italianissima città non ha riacquistato ancora, piena ed intera, la serena tranquillità spirituale. Un dubbio atroce l’assilla: che i suoi più santi diritti subiscano mutilaziani o diminuzioni nel certame delle competizioni internazionali. Un’eventualità l’atterrisce: quella di dover comunque soggiacere ad un dominio croato. Di fronte a questo pericolo, i cittadini italiani — 142 —