lite e d’avere un numero d’ufficiali e di equipaggii insufficiente alla buona manutenzione della nave. La gente e le corazzate comunicano di colpo un’impressione strana, indefinibile, disorientante: l’impressione d’un mondo già attaccato in modo evidente da epidemia bolscevica. Ore 14.30. — Oltrepassate le Radetzì^y, stiamo per avvicinarci all’ancoraggio delle « dreadnoughts », quando un motoscafo battente bandiera jugo-slava accosta verso il nostro bordo. Rallentiamo. Nel motoscafo è un tenente di vascello, della Direzione dell’Arsenale. 11 comandante Alessandro Ciano, dalla plancia della torpediniera in abbrivo, gli domanda col megafono: — Debbo conferire col vostro Ammiraglio. E’ a bordo della Tegetthoff ? — No signore — risponde il tenente di vascello Joes, in buon italiano, presentandosi. — In questo momento l’ammiraglio Koch si trova al palazzo dell’Am-miragliato. Desidera che l’accompagni fin là ? — Grazie. Salga a bordo. 11 tenente Joes sale a bordo con noi. Dà l’ordine alla sua motobarca di seguirci. 11 motoscafo ci segue. Ma non posso fare a meno di notare che quell’ordine, dato in tedesco, contrasta duramente col trionfo della nazionalità jugo-slava che qui — è evidente — vogliono ostentarci completo e definitivo... Noto anche che l’armamento del motoscafo è costituito di marinai recanti sul berretto la scritta « Li-croma » : il nome ¿e\Yyacht imperiale ! Prose guiamo. Passiamo sotto il bordo della Tegetthofj, impo- - 86 —