una battaglia. Perciò Pflanzer-Baltin è costretto a rifornirsi per la via del mare. Le sue spalle e le sue retrovie s’appoggiano ad una base navale divenuta per lui, in questi giorni, di capitale importanza: Durazzo. Bisognava dunque che le navi da guerra italiane attaccassero Durazzo e, come base navale nemica, la distruggessero. Ieri mattina l’attacco è cominciato: nel pomeriggio era compiuto. A sera, il porto di rifornimento delle truppe imperiali non esisteva più. L’operazione si presentava irta di pericoli, d’incognite, di difficoltà. L’estrema vicinanza di Cattaro offriva alla flotta austro-ungarica la possibilità d’uscire in forze per fronteggiare il nostro attacco. Cattaro e Durazzo, nidi di sommergibili e di siluranti avversarie, rappresentavano la più seria minaccia d’insidie per una grossa formazione navale costretta a manovrare ed a soffermarsi in quelle acque; inoltre, i larghi ed intricati sbarramenti minati, tesi dalla Marina imperiale lungo il litorale albanese, avrebbero tolto alla squadra attaccante gran parte della sua libertà di movimento. Tuttavia al mattino d’ieri una nostra dread-nought, la Dante Alighieri, e tre nostre corazzate-incrociatori, la Pisa, la San Giorgio e la San Marco, scortate da squadriglie di siluranti francesi, inglesi ed americane, hanno osato presentarsi dinanzi alla rada di Durazzo tutta illuminata dal sole ed hanno aperto il fuoco contro la base militare nemica. E’ la prima volta, in questa guerra, che una grande nave da battaglia italiana è entrata in Adriatico partecipando direttamente alla lotta. Essa è intervenuta, conscia del rischio che affrontava, ma fiduciosa nella valentìa della sua guida e dei suoi uomini, col - 22 —