l’impresa dei sessanta ad Ancona, che si prefiggeva quello scopo, ebbe l’esito infelice che tutti sanno. Dalle navi all’àncora, centinaia di marinai allineati sui ponti gridano al passaggio d'ogni nostra nave il triplice urrah rituale. « Viva la Jugoslavia ! » urlano da più lontano, dai vecchi bastimenti ormeggiati alle rive, dalle banchine e dai moli, gli arsenalotti croati. E la nostra gente in riga a poppa d’ogni nostra nave, risponde tre volte, col berretto tre volte alzato ed abbassato, a braccio teso : « Viva il Re ! » La « Saint-Bon » dà fondo tra Punta Aguzza e lo Scoglio degli Ulivi, la base di rifornimento e di riparazione dei sommergibili germanici. Ma i sommergibili tedeschi sono spariti. Fiutando il vento avverso, debbono avere abbandonato Pola fin dal giorno della pseudo-rivolta navale. I nostri cacciatorpediniere e le siluranti minori si sparpagliano un po’ dovunque, fra i tipi « Novara » e i tipi « Tatra », che ben conobbero più volte il fuoco italiano. Dalla città veneziana salgono intanto grida e musiche ed inni dimenticati. Colonne delle nostre truppe sbarcate entrano, per la strada di Ponte, nella vecchia Pola. La torpediniera di Nazario Sauro va ad ormeggiare alla banchina del Viale della Stazione, in faccia ai ruderi dell’anfiteatro romano. La statua di bronzo dell’imperatrice Elisabetta, innalzata come una stonatura estetica e sentimentale sullo sfondo del Colosseo, guarda con infinita tristezza l’addensarsi della popolazione italiana plaudente alla banchina d’ormeggio, mentre frotte di soldati austro-ungarici sbandati si fermano an-ch’essi a contemplare muti la scena. Non lontano di lì, anche il monumento a Teget- - 91 -