stione granitico che la cittadina ci sporge come una fronte segnata dalla cresima della sua fede, ecco scolpito nella pietra viva, ad altorilievo, il Leone di San Marco... Zara ! Quando giriamo la dolce penisola su cui si stende mollemente alla vista ed imbocchiamo l’insenatura più interna del molo vecchio, un urlo immenso, un fragore di musiche e di campane ci percuotono. Lo riconosciamo ! E’ lo stesso clamore che ci fece impallidire entrando a Trieste, la sera del 3 novembre. Accostiamo. La riva nereggia di moltitudine. Sul nero brulichìo, tricolori nazionali, archi di trionfo con festoni verdi e con fiori. In mezzo alla folla, un quadrato formato da marinai e da fanti della brigata « A-rezzo » — quella di Capo Sile — presentano le armi. Dentro al quadrato, una legione angelica: le fanciulle zaratine vestite di bianco con fasci di fiori nelle braccia e nastri tricolori sul cuore. In mezzo a loro, gravi teste canute, scoperte: le autorità comunali, con le guardie cittadine in alta tenuta. E poi, acclamazioni tonanti all’Italia, all’Esercito e alla Marina vittoriosi, all’« eroe dei Dardanelli». Questo grido è anche inscritto con garofani rossi, sopra scudi di garofani bianchi, portati dai ragazzi delle scuole. L’Ammiraglio discende dall\4 scaro. Le musiche cittadine intonano la Marcia reale. Lo ricevono alla banchina Luigi Ziliotto, sindaco di Zara, 'Roberto Ghiglianovic — deputato dell'antica Dieta, tornato da tre giorni a riveder la madre e il focolare — i consiglieri comunali, la Camera di Commercio col suo presidente Luxardo, ufficiali in uniforme austro-un- — 164 —