VI. LO SBARCO A TRIESTE. Trieste, 3 novembre, sera. Siamo ebri. La realtà ci sfugge; perchè tutto sembra ancora un sogno. Troppo abbiamo penato e patito perchè possiamo renderci conto che stasera le navi d’Italia, colla bandiera reale issata « a riva », ci hanno sbarcato sulle banchine del porto di Trieste tutta illuminata a festa, tutta bagliori e clamori, e che, appena abbiamo messo i piedi sulla riva nereggiante di moltitudine, siamo stati trascinati via, non sappiamo più dove, non sappiamo più come, da un’ondata d’acclamazioni, di tricolori, di fiori, di musiche, di coccarde, di baci, di pianto. « Fratelli d’Italia » e mille mani afferravano le nostre. « Figlioli » e le madri toccavano le nostre spalle madide di salsedine e poi si facevano il segno della croce. «Liberatori...» e belle bocche s’imprimevano sulle nostre bocche. « Soldati che avete vinto la nostra guerra... » e fiori di bambini s'attaccavano con le manine protese alle nostre bandoliere e alle nostre cinture. Poi ci siamo visti salutare in perfetta posizione - 51 —