fidali s’empiono di fragranze. I marinai sono amorevolmente costretti a togliersi dal berretto il nastro col nome del cacciatorpediniere; le fanciulle si contendono le fettucce di seta nera con grazia leggera e donano alla loro volta ai marinai, dimentichi della «brumosa» e del rancio, nastri con la scritta in oro: « Zara ». Percorrendo la città, noto che i pochi pescatori e contadini in càpiza croata, i pochissimi soldati in disarmo con coccarda jugo-slava mantengono un contegno tranquillo e corretto. Si ha l’impressione che qui il partito jugo-slavo sia meglio disciplinato e più evoluto e più conscio dei diritti italiani sulla costa dalmata di ciò che non sia a Zara vecchia, a Sebenico, nell’interno. Vedo due ex-colonnelli austriaci, certi Peten e Smi-lic, in redingote e coccarda italiana, abbracciare alcuni degli arrivati sull’/lscaro e, con le lacrime agli occhi, esclamare : — La divisa che portavamo non riuscì a soffocar mai i nostri sentimenti d’italianità. Durante la guerra soffrimmo l’angoscia più straziante che si possa immaginare. Oggi ci sentiamo liberati due volte... Molti infermi hanno voluto esser condotti per le vie, adagiati nelle loro carrozzelle adorne di tricolori. Enrico Millo, avendone sul suo passaggio scorto uno che lo contemplava muto e piangente sotto la falda del largo cappello munito di coccarda, è uscito dal corteo, gli ha stretto la mano, e, confortandolo, s’è rallegrato per la sua bella fede, paziente e silenziosa. Un episodio che non può esser dimenticato, è quel- lo dell’unico cappuccino rimasto, alla vigilia della nostra occupazione, alla Madonna del Castello. Egli alzò subito la nostra bandiera sulla porta della chiesetta e adornò d'una pezzuola tricolore la finestra della sua cella. - 168 —