L’ ammiraglio Millo ha voluto percorrere a piedi la città, per visitarne la mirabile « Porta di terraferma », sormontata dal Leone veneto campeggiate sull’arco (maggiore come l’iddio del luogo, le Caserme, il Museo — antico tempio romano a Giove che ricorda Santo Stefano rotondo. — Poi è entrato nella cattedrale di Santa Anastasia ad ascoltare la messa. Il Duomo s’è gremito di folla e di bandiere. Dinanzi all'aitar maggiore dove gli zaratini nascosero le bandiere di San Marco al cadere della Repubblica: 10 stendardo di Zara — tre teste auree di leopardo su campo azzurro — in cornu epistolae; un grande vessillo nazionale in cornu evangelii. Finita la cerimonia, 11 canonico monsignor Ballarin, in paramenti solenni, collana e croce d’oro, accompagna l’Ammiraglio fino alla porta maggiore. Enrico Millo si reca quindi al Palazzo dell’ex Luogotenente, dove riceve i rappresentanti della minoranza croata. Ad essi assicura il più grande rispetto da parte dei comandi militari italiani alle loro nazionalità; ma altrettanto fermamente dichiara che non permetterà la menoma trasgressione all’ordine pubblico nè manifestazioni in contrasto con le decisioni delle potenze alleate in materia d’armistizio. Intanto drappelli di giovanetti e signorine ritornano in processione al porto, con carichi ridenti di fronde, di rami verdi, di fiori. Tutti i giardini e i parchi dei dintorni debbono essere stati spogliati... Salgono sull’ylscaro, inghirlandano i cannoni, i lancia-siluri, i fumaiuoli, il bastingaggio, la plancia del comandante. Sugli alberi della radiotelegrafia issano i rami più alti e bandiere azzurre zaratine. Sulla coperta cospargono una abbondante fiorita, intrecciano nastri tricolori ai cavi, alle catene; le cabine degli uf- - 167 —