in una patria nuova la moltitudine fuoruscita e dolorante. E il lavoro implacabile della Marina italiana — cui vennero ben presto ad unirsi elementi delle Marine alleate — incominciò. E durò quattro mesi, dal dicembre al marzo. E furono quattro mesi atroci, per il mal tempo che non dette una settimana di requie ; per il tiro delle artiglierie sùbito piazzate dall’invasore sull’orlo montagnoso della costa, fuoco che non ebbe tregua; per gl’incessanti attacchi sottomarini ed aerei che non concedevano una notte di sonno ai nostri equipaggi, ammirevoli nell’instancabilità del soccorso, spossati, ma più alacri. Non un cavallo, non un cannone, non un prigioniero dell’esercito serbo fu lasciato a terra Anche i profughi della popolazione civile che riuscirono ad arrivare in vista del mare Adriatico, vennero salvati. Le brigate del « voivoda » Putnic poterono così essere raccolte e ricostituite nelle basi navali dell’Intesa ed a Corfù; poi furono trasportate in Macedonia, in attesa della riscossa. La riscossa è cominciata; anzi, sta maturando. Da occidente ad oriente, c’è un battito d’ale così forte da preannunziare un gran volo. Siamo dunque vicini alla mèta ? Forse. E se oggi l’Italia sente nel suo cuore vigilante il bisogno di ricordar tutto ciò, non credano i nostri confratelli dell’altra sponda che una sciocca vanità di rinfacciare il dono fatto, di valorizzare il sacrifìcio offerto, animi il nostro sentimento. No. Gl’italiani hanno nell’animo un ben diverso pensiero. Essi vogliono esprimere anzi l'orgoglio di combattere ora a fianco dell'esercito serbo per la riconquista del territorio perduto, — 28 —