LA RIVOLTA DI CATTARO 199 minuti ed allora era richiamata in sè da getti d’acqua fredda sulla faccia, dopo di che ricominciava il castigo. Quasi sempre al termine della pena i miseri che l’avevano subita dovevano esser portati più morti che vivi nella loro cella.1) Nell’agosto del 1918 l’avvocato Edoardo Qasser di Trieste, ex deputato nazionale al Parlamento di Vienna, riceveva una lettera firmata da 22 imputati, nella quale — oltre a pregarlo di interessarsi della loro tristissima sorte — per quanto riguardava il trattamento scrivevano quanto segue : „....al 3 c. m. (agosto) fummo nuovamente chiamati al Giudizio di Cattaro dicendoci che ci scegliamo i nostri difensori. Insistevano però che richiedessimo ‘) Un carcerato ceco dà questa significativa descrizione sulla vita comune: „C’era un freddo terribile che nell’estate si trasformò in calore insopportabile. Oltre al cibo impossibile, si viveva in una sporcizia indescrivibile e gli insetti martoriavano giorno e notte i nostri corpi scarnificati dalla fame. Nei locali umidi, bui, lunghi circa 15 metri e larghi tre e mezzo si pigiavano 74 uomini. L’acqua doveva esser portata da altre fortezze, lontane circa un’ora di cammino. Questo avveniva due volte al giorno. La corvée era sostenuta da noi. Cinquanta marinai seminudi, scalzi, portanti i più svariati recipienti si muovevano a turno in pellegrinaggio lungo le strade fra il luccicar delle baionette per attingere il prezioso liquido. Il piccolo cortile della fortezza, della superfice di circa 50 metri quadrati, serviva ai 150 marinai ivi ospitati, per ogfii uso: cucina, lavatoio, latrina, dormitorio. Come è logico ci era inibito ogni contatto col mondo civile.“