4 le vittorie di una più grande Italia. Chi in quei tempi lontani, a capo degli innovatori era intento a preparare i nuovi fati da una nuova flotta, meglio agguerrita e temuta, trovò nel Poeta, divenuto fervente polemista navale, il più valido aiuto in contrasto alle voci discordi delle gazzette e dei comizi. Tra la primavera e 1’ estate del 1888 egli pubblicava sulla «Tribuna», e poi raccoglieva in volume sotto il titolo L'Armata d’Italia, varii articoli che richiamavano l’attenzione degli Italiani su alcuni vitali problemi della nostra Marina. In quegli articoli il d’Annunzio si rivela un tecnico e politico di vaste ed originali vedute. Egli esalta le belle navi che passano sul mare propizio : « Sopra ognuna di quelle prore sta per noi la Speranza alata e in cima ad ognuna di quelle antenne brilla per noi il simbolo della Vittoria » e vede levarsi dal mare « non so qual visione di nuove battaglie e di nuovi prodigi ». Biasima il silenzio degli uomini di mare contro i temporeggiatori in materia di spese per 1’ Armata. Ha parole caustiche contro il Brin ed ammira il Saint Bon, grande soldato e sapiente ordinatore. Critica il sistema di reclutamento e di avanzamento dei giovani destinati alla carriera navale, esorta l’istruzione degli equipaggi e formula norme di etica navale. Quattro anni dopo uscivano le Odi navali. La lirica marinara di Gabriele d’Annunzio spaziava ormai nei più alti cieli della Patria. Non era più la parola d’un solo: il Poeta era l’interprete di un popolo di conquistatori e di navigatori, era, come nei tempi favoleggiati, colui che vaticinava alla sua gente nuovi trionfi sul mare. Quando il Poeta ci narra una futura battaglia nel mare Adriatico, (l’occhio dell' anima scorge oltremare in lontananza la Città che sorge alta sul suo golfo splendendo a la nostra speranza, da tutte le torri splendendo nell’ unica fede : « Sempre a te ! Sempre la stessa 1 » poi che ancóra crede la triste sorella domata, a la nostra promessa) e ci dà I’ annuncio di morte dell’ Ammiraglio di Saint Bon, spentosi, secondo l’immaginazione del Poeta, non nel consueto Ietto, ma nella futura battaglia gloriosa, non forse egli ravviva la nostra fede italica, la nostra speranza dalmatica? « Italiani I Nel nome d'Italia, di Dio e del Re, avendo sconfitto le forze nemiche, mandate a picco nella battaglia quindici navi, fatte prigioni dieci, volte in fuga le altre ridotte al silenzio inseguite da presso pericolanti,