33 un imperioso grido dell’animo: « no semo ancora morti, no, no e no 1 ». Nella rassegna che ci siamo proposti di fare di tutta o quasi l’opera del Sabalich, chè certo qualcosa ci sfuggirà, incominceremo appunto dalla sudetta conferenza, essendo essa l’unica fra i diversi generi trattati ; evidentemente anche il Sabalich, come la maggior parte dei Dalmati, non fu un oratore. Nel 1885, trentenne, lesse quindi la conferenza « La Ginnastica nella poesia antica » alla Società di Ginnastica e Scherma di Zara la sera del 19 marzo, prima del noto discorso di Bajamonti che valse a sciogliere la società; stampata in opuscoletto dal Woditzka contiene una prefazione sotto forma di Lettera a Roberto Ghiglianovich, che ha certo più interesse della conferenza stessa; lettera argutissima nella quale spiega la genesi della conferenza tramutatasi per mancanza di memoria in lettura : in origine, dietro probabile consiglio del Ghiglianovich, il titolo doveva essere « La ginnastica nel concetto filosofico dei greci antichi », e « tu la volevi (te ne ricordi, Roberto) proprio così : una conferenza d’arte, e mi ci volevi cacciare nel polipaio dei filosofemi, tu, coi tuoi consigli di ellenica plasticità »; ma nel suo « io pensante » il Sabalich preferisce il tema « La Ginnastica nel Medio Evo », che poi abbandona, scrive, « per mancanza di biblioteche »; infine accetta il consiglio « del nostro piccolo poliglotta » (il Piero Cassandrich « altra anima di artista come te ed imbrattacarte come me, ma più dotto e più serio di me e di te sommati insieme ») di trattare della « Ginnastica nella poesia antica »; la lettura non ha nulla di peregrino, le solite citazioni da Pindaro, da Omero, dal IV libro del-I’Eneide e dal Parini dell’« Educazione »; interessanti alcune righe auto-biografiche dell’ esordio dove il Sabalich, ancora giovane, ci dice già tutto il suo amore verso l’indagine storica e letteraria e dove ci svela la concezione che di tali difficili ricerche già aveva: «la pesantezza dell’indagine sparisce sotto il velo d’una strofe e il numero sonoro ammorbidisce la crudezza del documento »; già da allora si palesa quale si sente di essere, quale cioè noi possiamo anche ora definirlo, un poeta del documento. Incominciamo col Sabalich minore, col Sabalich letterato puro : quello di alcuni libri di racconti e di poesie. « Acquarelli veneziani » crediamo sia il solo libro edito di poesie scritte in lingua; ma anche qui, come appare ben chiaro dal titolo, tutti i 44 sonetti sono di ambiente, di carattere e di contenuto esclusivamente veneziano (Al Listón, In Ruga, Rio Terrà, La casa del Goldoni, Alle Zattere ecc.); pieni di colore e di sentimento la maggior parte, alcuni versi di buona fattura, parecchie quartine di sentita ispirazione, altre che guadagnerebbero di più se scritte in dialetto ; il resto è una Venezia dipinta come la si vede nei troppi quadri di pittori dilettanti del tardo ’800, con in più, sempre, uno sviscerato e connaturato amore non solo letterario per la magica città. Citeremo solo