46
tuiscono una fra le sue opere più complete, più ricche di particolari, di documenti, di notizie ; i ricordi vi scoppiettano da ogni parte, le notizie sembra che una ne tiri 1’ altra, il Sabalich si dimostra qui più inesauribile che mai. Negli « Orologi pubblici » narra la storia delle torri e degli orologi meccanici della città, da quello di S. Barbara a quello della Gran Guardia, regalato dopo tutta una serie di peripezie dal Dandolo al podestà Vergada, che dovette accettarlo per forza ; detto orologio passò ben presto sul campanile del Duomo il cui vecchio orologio andò a contare le ore - chè non batteva i quarti - ai pescatori di Cale.
     Nello studio « La pubblica igiene ai tempi di Dandolo » per « dare a Cesare il di Cesare » incomincia coll’ attribuire al conte di Gòess il vanto di aver emanato un primo esauriente e severo editto in materia riguardante la pulizia degli alberghi, la vendita delle frutta, l’espulsione dei questuanti stranieri e i cimiteri limitrofi alle chiese. Dalle disposizioni di Sanità Pubblica, che dal 1806 si susseguirono a ripetizione, si rilevano varie minuzie topografiche utili alla nostra storia municipale ; la grammatica era però - dice il Sabalich - « materia libera ». Nel 1808 troviamo 1’ » Avviso » composto dal protomedico della città Orazio Pinelli che promosse per il primo la vaccinazione; questo editto passa tutto in rivista, senza nulla trascurare, dalle beccherie ai cani, dal transito dei carri alle spazzature, dai mercati del pesce, delle carni, della legna, dei legumi alle latrine e alla sicurezza personale.
     In « Un processo per stregoneria » rifà la storia delle demonoma-niache di Verchè, le quindici disgraziate contadine supposte ammaliate dal fattucchiere Roncevich e poscia tutte guarite nell’ ospedale di Zara dai loro isterismi; spassoso, a riguardo, il rapporto del medico Augustiz - un anarchico della grammatica - ma del resto sensato, studioso e scrupoloso; il fattaccio dà occasione al Sabalich di rivangare in questi strani casi di degradazione morale, processi di streghe, diavolerie ed eresie, dando fine a tante storielle con queste parole : « poverette! a quest’ ora avranno messo al mondo forse dei forti soldati per i reggimenti della provincia o qualche massaia per le cucine della nostra capitale ».
     In « Chiese soppresse e chiese distrutte » enumera a un centinaio circa le distrutte e a una ventina le soppresse ancora in piedi; non può trattare che di quelle chiuse al culto o scomparse più di recente per una opera di distruzione « fatale ma sempre vandalica »: S. Vito, rotonda al-1’ esterno, all’ interno a croce greca, magazzino di bottiglie poi bacheca d’ un rigattiere prima di sparire per sempre ; S. Domenica, di stile romanesco-bizantino con eleganti finestrine binate ad arco rotondo, tutta romanticamente velata dalla patina del tempo, con una « tinta cinerea da far sembrare più sacre le cose » ridotta - prima d’ esser abbattuta - a deposito di biade degli Stermich; S. Domenico, gloriosa dimora dei nostri dotti domenicani : i Peltegrini, i Nassi, gli Addobatti, i Soppe ; eppoi