mente una novella interpretazione al verso ». Ma il Sabalich, pur desiderando render noto a tutto il mondo dantesco la nuova fatica di un dalmata, sviscerando con scrupolosità di studioso la questione in tutte le sue dibattute e troppo varie interpretazioni e riportandone tutte le più cervellotiche congetture, esce con questa battuta di buon senso : « Di tante ipotesi Dante stesso riderebbe, polendo forse tagliare il nodo, coll’assicu-rare una buona volta i commentatori essere quel verso affatto vuoto di senso ». Negli Atti della R. Deputazione del 1925 si trovano del Sabalich alcune considerazioni sui «Proverbi zaratini delle stagioni»: sottolinea argutamente che oggidì tali proverbi, anziché denotare la sapienza, sembrano dimostrare l'ignoranza dei popoli, per il semplice fatto che sono cambiate le caratteristiche metereologiche delle stagioni ; una volta si che « i mesi salivano in cattedra per ammaestrare gli agricoltori e i lunari fungevano da Bibbia ! ». Preme soprattutto all’A. di dimostrare la « comunanza dei proverbi nostri con quelli dei paesi italici e specie coi veneti », e mese per mese cita e paragona proverbio a proverbio, regione a regione, finché arrivato a S. Lucia (e « da S. Lucia a Nadal un pie de gal ») chiude così : « peccato che la gente non si capaciti che le stagioni come le donne siano un po’ belle un po’ brutte ». Sulla « Rivista Dalmatica », rispettivamente degli anni 1889 e 1892 scrisse due brevi ma dense biografie in morte di Luigi Fichert e di Vitaliano Brunelli: ricorda del primo che, nato a Zara nel 1826, fu l’autore del poemetto « Madre slava », che ridotto a libretto d’ opera venne musicato dallo Stermich ; oltre che per la sua attività letteraria, ebbe una notorietà, a Venezia dove erasi stabilito, a causa della sua enorme distrazione; scrisse le aleardiane « Notti adriatiche », « La fidanzata immortale », « La stella di Varsavia » ed alcuni romanzi ; ma, per noi, il lato più interessante della figura del Fichert rimane 1’ essere stato nel 1859 il coraggioso fondatore della « Rivista Dalmatica », alla quale collaborarono, per nove mesi, persone di tendenze e di principi politici diversi come il Bajamonti e il Claich, il padre Fabianich e l’abate Danilo, Luigi Serragli e Stefano Ivchievich e quella tumultuosa genialoide figura del Duplancich. Non ricorderemo le commosse parole che il Sabalich scrisse in morte del Brunelli, essendo troppo conosciute la personalità e le opere dell’ illustre storico ed essendo naturale la comunanza d’ affetti, se non di metodi, del biografo col biografato. A preferenza renderemo noto, qui, un brano di un’ altra lettera che il S. indirizzava, il 20 giugno 1926, a un professore : « Se dovessi far delle confidenze Le direi che qui con la letteratura « la è andata sempre male. Ci furono dei solitari ma non ci fu un nucleo « di scrittori. Ciascuno ha lavorato da sè. Il prof. Brunelli rappresentava « Giove ed era sempre olimpico perchè avvicinava pochi ; e poi venivano