60 Il libro finisce col capitolo : Dovigenia (Arrivederci). Il Cuesta dice (pag. 184 e segg.): «La Jugoslavia è un paese dinamico... non ha la vita facile, le digestioni pacifiche ; ha bisogno di lavorare e di lottare per giungere alla tempra che dà ]ena alla indefessa fatica. E’ questo un giudizio sulla Jugoslavia? Dio guardi e preserva chi s’ attenta a giudicare un popolo. La storia rigurgita di gindizi sbagliati sui popoli... Un giudizio sulla Jugoslavia potrà essere dato, semmai, fra qualche anno e da chi l’abbia seguita con animo sereno, distante dagli interessati laudatori e dai pessimisti...» Intanto però il Cuesta se ne lascia scappare parecchi - si sarebbe imbarazzati a sceglierli -, improvvisati, anche imprudenti e contradditori, mosso sempre dal suo proposito di avvicinare i due popoli, italiano e juguslavo. BÁLINT HÓMAN : Gli Angioini di Napoli in Ungheria. Roma, Reale Accademia d’Italia, 1938, pag. 580 con varie cartine geografiche. La Reale Accademia d’Italia ha concesso il suo patrocinio alla pubblicazione di un’ opera ponderosa di uno storico ungherese, che ha illustrato uno del più fulgidi periodi di storia italo-ungherese e particolarmente quello dell’impero di Luigi il Grande, che abbracciò, oltre all’ Ungheria, anche la Polonia, la Romania, la Serbia, la Bosnia, la Croazia e la Dalmazia (1375-1385). Il libro ha un’importanza quindi anche per la nostra provincia, che vi è spesso nominata e alla quale sono dedicati due capitoli: «La campagna di Dalmazia» e « Riconquista della Dalmazia ». Si tratta cioè di quell’agitato secolo XIV, precedente alla venuta definitiva di Venezia in Dalmazia, nel quale la politica angioina, servendosi dei Bani di Bosnia e di Croazia (della famiglia Subich) riuscì ad avere transitoriamente il sopravvento sulla Serenissima. E’ un periodo di storia dalmata molto ingrovigliato e illustrato in tempi recenti da studiosi slavi con preconcetti tendenziosi. Quest’ opera di uno storico ungherese, che osserva i fatti e li descrive dal centro di Budapest, potrà giovare ai nostri studtosi che vorranno conoscere la forza propulsiva di molti avvenimenti, di secondaria importanza. I Benedettini in Dalmazia. Col titolo : « Sv. Benedikt i njegovo djelo » (S. Benedetto e P opera sua) la Rivista liturgica Zivot s crkvom di Lesina ha pubblicato un numero doppio (4 e 5 di quest’ anno) dedicato interamente all’ influenza, esercitata in Dalmazia, da quest’ importante ordine religioso, dal secolo IX in poi nella zona settentrionale, e dall’XI in poi anche in quella meridionale. Cinque sono i monasteri storici benedettini in Dalmazia, tutti provenienti direttamente dal centro diMon-tecassino: a Vrana, Traù, Spalato, Lacro-ma e Meleda. A questa compilazione hanno collaborato i migliori studiosi di quest’argomento della Dalmazia jugoslava. Ante Petrovic rievoca l’influsso dei Benedettini sulla letteratura, Ljubo Karaman parla dell’ arte dei monaci benedettini, che hanno introdotto in Dalmazia la prima architettura ecclesiastica monumentale e la scrittura, detta « beneventana s; Mons. Paolo Buto-rac, vescovo di Cattaro, traccia un quadro della loro propaganda religiosa e il rev. M. Klaric dedica un ampio studio alla storia benedettina in Dalmazia. s. n. « La responsabilità dello scrittore » nelle memorie di Pier Alessandro Paravia. II 3 novembre del 1854, nell' aula magna dell’ Università di Torino, presenti i giovani e il Senato Accademico, il Professore Pier Alessandro Paravia tenne la prolusione al suo corso di eloquenza, affrontando il difficile tema sulla responsabilità dello scrittore. I giornali della capitale subalpina (salvo la Gazzetta Ufficiale, che ne pubblicò un cenno sommario) biasimarouo il discorso, considerandolo come un attentato alla libertà della stampa, da pochissimi anni conquistata e difesa gelosamente. Per contro, lo lodarono senza riserve uomini