32 noscitore profondo della sua città, nello spirito e nelle pietre, come nessuno lo fu mai nè forse mai lo sarà, noi dobbiamo ora a nostra volta conoscerlo seriamente per poterlo amare con riconoscenza e sincerità, senza che pesi sui nostri giudizi e sui nostri sentimenti il ricordo di un « vecio Sabalich » erroneamente ritenuto sempre timoroso, sempre incerto, sempre troppo prudente. Certo non era nato per 1’ azione politica o per comandare alle masse, ma era un forte del sentimento, un emotivo, un raffinato nel significato più simpatico della parola; ebbe la facoltà di entrare nell’anima del popolo e di farla vibrare tutta nelle più riposte ed intime sensazioni. Già in una delle sue pagine giovanili, in un bozzetto delle «Chiacchiere Veneziane », scriveva : « Sono un leone dell’ idea e un paralittico della volontà », ma in più di un' occasione la volontà non gli mancò ; la volontà non gli mancò quando, insieme a pochi altri volle assistere ad una messa per Tommaseo nella chiesa di S. Simeone rimasta deserta perchè alt’ultimo momento la polizia aveva manifestato parere contrario a tale dimostrazione; nè la volontà gli sarebbe venuta meno qualora si fosse presentata la necessità di doversi suicidare: aveva infatti giurato e fatto giurare alla moglie, che, se Zara non avesse dovuta essere annessa all’Italia, lei avrebbe dovuto coll’unico figlio riparare in penisola e lui, per timore di attraversare l’Adriatico, si sarebbe subito ucciso. Ecco le « paure » del Sabalich : fobia d’una traversata per mare e non paura di darsi la morte; un suicidio che non sarebbe stato una vigliaccheria. Strana, interessante, complessa la natura del Nostro : d’una ipersensibilità eccezionale rimaneva toccato o turbato da un nonnulla, immagazzinava giornalmente miriadi di sensazioni che, fissate quasi subito in foglietti volanti costituivano poi la base per le opere sue di più vasto respiro, per le sue poesie popolari, per gli studi comparativi di folclore, o per 1’ opera sua di commediografo vivo ed umano ; anche se nel suo carattere, specie negli ultimi anni, si siano accentuate le preoccupazioni, i timori, le paurose sensazioni determinate dalla supposta imminenza d’ un male o dalla minaccia d’un ipotetico pericolo (e queste sensazioni traspariscono di quando in quando in alcune sue pagine autobiografiche) non si può assolutamente dire che 1’ opera sua sia malata di congenita debolezza. Basterebbero per dimostrare il contrario, ad esempio, le pagine dello studio « Huomini d’arme di Dalmatia » vibranti di ammirazione per tante eroiche gesta, basterebbero la conferenza sulla « Ginnastica nella poesia antica » e un articolo su « Tommaseo e la ginnastica », per dimostrare che nella sua attività giornalistica già allora non trascurava gli argomenti di propaganda per la forza e la sanità della stirpe; infine la miglior dimostrazione d’ una non supina acquiescenza e d’un non facile adattamento ci sembra essere quell’ energico verso del « No » che è quasi