*Dl pm&memil cLeqii JUusmuni. Colla cortese concessione della Soc. Naz. « Dante Alighieri » pubblichiamo questo capitolo dell’ opuscolo « Civiltà italiana nei Balcani ». L’argomento getta un raggio di luce anche sulla storia della nostra provincia. (N. d. R.) Il congelidamento dell’ atmosfera civile fece sì che i Romani dei Balcani vissero più secoli in letargo. Forse sarebbe meglio imaginarseli occupali ad acconciarsi il nuovo letto. Soltanto nei secoli X, XI e XII vediamo spuntare, come da un campo a maggese, le piantine di nuovi embrioni statali, per lo più slavi, nei quali però è visibile il fermento del seme latino. I primi a ridestarsi ed a ribellarsi all’ influenza di Bisanzio furono i croati nel X secolo, grazie all’ apporto civile dei latini della Dalmazia. Nell’ XI nasce ad Ipati, nella Tessaglia, un principato valacco. Nel XII spuntarono la Stato valacco-bulgaro degli Assanidi e il regno federale, così detto serbo, dei Nemagna, una dinastia certamente di origine valacca. II lettore, non bene al corrente del passato balcanico, si fermerà e attenderà una spiegazione della parola nuova « valacco ». Non è facile dargliela, perchè gli storici ed i filologi non sono riusciti ancora a trovarla. Forse, 1’ archeologia appagherà un giorno questa nostra grande curiosità. Intanto, poco conta di riferire qui le varie ipotesi. Certo è che, mentre i Romani della parte occidentale, marittima, continuarono ad essere chiamati, dal mondo d’ Occidente, Romani, Latini e talvolta Dalmati, quelli della penisola balcanica e del Danubio furono indicati, ostinatamente, dai popoli del mondo d’Oriente (Greci, Slavi, Ungheri e perfino Turchi) col nuovo appellativo di Vlassi (singolare vlah) storpiato poi naturalmente in varie forme per 1’ adattamento alle diverse fonetiche. Pare che siano stati gli italiani quelli che, stentando a pronunciare il gruppo consonantico vi vi inserirono un a e dissero valacco. Questa forma fu poi adottata dai Tedeschi e dai Francesi. È interessante constatare come i discendenti dei Romani, che nel nucleo maggiore d’ oltre Danubio dissero sè stessi « Romuni » e in quelli dispersi