19 Per quella impenetrabile ma fatale necessità per cui il poeta, scoperta 1’ essenza dell’ arte e raggiunta la consacrazione della gloria, deve inevitabilmente cedere dalla vita s’egli vuole eternarsi nella sua opera ; per questa necessità D’Annunzio scomparendo di fra noi, è rinato in una nuova più splendente luce, in un nuovo mito in cui la personalità caduca e oscillante dell* uomo, fondendosi con la sua poesia, compone il suo molteplice aspetto nella unità e identità assoluta dell’ arte. In questa mistica trasfigurazione ogni discordanza tra 1’ uomo, l’eroe, il poeta, si è appianata: noi non abbiamo più una triplice personalità (una e trina), abbiamo una sola opera. Sarebbe dunque un errore visivo scindere il poeta nei suoi tre aspetti di uomo-artista-guerriero. Solamente per questo sbaglio di prospettiva, per questa scissione anatomica operata nell’ indivisibilità dell’ artista, D’Annunzio ha potuto essere incrinato dalla facile censura dei suoi giudici e critici. Le varie voci, udite ciascune a sè, possono suonare stonate : rendono mirabile armonia, se fuse insieme. È per questo motivo soprattutto che io mi accingo a ricordare non direttamente l’uomo D’Annunzio, ma indirettamente, attraverso il poeta, e più particolarmente il poeta civile ; perchè nella sua poesia civile noi troviamo insieme e l’uomo e l’artista e l’eroe. A questa stessa necessità di tralasciare la ricerca d’ un D’Annunzio sconosciuto nella episodicità della sua vita per volgerci solamente alla sua poesia, accenna anche un nostro intelligente scrittore con le seguenti parole : « Quale altro miglior modo - egli dice -, ora che la morte aveva spaz-« zato via ogni superfluo e nocivo residuo di dannunzianesimo nella persona « stessa dell' inventore (che rievocare d’ Annunzio sotto l’incorporea veste del « poeta), per riscattarlo dalle ambagi della storia del costume e isolarlo nel « solco luminoso della storia della poesia?... Tutti d’anima sono i segreti che « certo qualcuno di noi si prepara a rintracciare e a svelare nell’ opera di « D’Annunzio... oggi che tutto e soltanto nella pagina vuole e può essere con-« siderato. Lì (cioè nella pagina, nella sua poesia) s’annida il suo “segreto,,; « e sperar di coglierlo altrove è tentativo già infinito altre volte fallito, dunque « vano e da non approvare ». Alla fine dell’ anno 1899, inaugurando un ciclo di lezioni dantesche nella Sala d’Orsanmichele in Firenze, G. d'Annunzio avviandosi al termine della sua lezione avvertiva : « la melodia di Dante non può essere udita se lo spirito non « entra in uno stato di grazia per mezzo d’una visione mediatrice ». Io ripeterò queste parole, adattandole con lieve modificazione al Poeta che oggi si rievoca : la melodia di G. d Annunzio non può essere accolta se lo spirito non si disponga ad udirla, raccogliendosi in quel sacro religioso mistico silenzio con cui egli ci impone in una delle sue laudi più altamente liriche di ascoltare le voci varie della natura; raccoglimento di spirito con cui egli ha certamente voluto che i suoi lettori imprendessero a leggere e sentire tutta la sua opera poetica. Le parole sue di questa laude (eh’ è “ La pioggia nel pineto „) sono quindi