calloriti » che, come le due precedenti, « sorgeva per virtù di forze dal ceto di cittadini popolari, ingrossata da pochi nobili » ed anche alcuni fra questi antichi patrizi, come il Simone Grisogono, si dimostrarono giudiziosamente alieni da ogni fisima feudale, tanto da stampare a Venezia un « Mercante arricchito », coraggioso opuscoletto di economia nel quale si tratta per la prima volta (1664) la tenitura del libro doppio. A ragione quindi il Sabalich osserva che non tutti i nostri nobili erano nelle nuvole. Ma la maggior parte, sì ! E lo scopo precipuo di questa Accademia e di quella che ne seguì, i « Ravvivati », fu la supina mania di glorificare i principi in auge, con quelle « dissenterie letterarie » sferzate a sangue dal Carducci per la loro « grassa diuturna ufficiale servilità », e a tale proposito il Sabalich argutamente aggiunge : « a buon conto anche le copertine dei libri erano di cartapecora »; fa seguire poi una interminabile filza dei nomi componenti l’Accademia, chè la lista si è trovata intatta. Prima che il Sabalich vi mettesse le mani, una vasta raccolta di componimenti (Raccolta Minelli 1694) tutti più o meno bislacchi, sdolcinati, manierati, concettosi, di metri ed argomenti i più svariati, era rimasta inedita ;« l’Inchiostri non pubblicò se non il sesto e 1’ ultimo e fece opera meritoria, io poco pietoso li pubblico tutti perchè se ne conosca la risma »; però « altri componimenti devono essere andati smarriti con poco danno delle muse » e riporta molti, troppi, versi, che « non sono una musica di Bellini ma che bisogna pigliarli come vengono », versi che avranno avuto perlomeno il potere di «far scroccare dei bei pranzi alle Loro Eccellenze». Negli « Huomeni d’arme di Dalmatia » dopo d’ aver auspicato nelle scuole dalmate un insegnamento degli atti di valore compiuti da dalmati e espresso timore d’aver con questa sua operetta pur minuziosa nelle ricerche, impicciolito, in un quadro, ciò che non capirebbe un’ intera epopea, scrive che dai soldati d’Augusto, per valore dei quali il cesare conquistò l’impero del mondo, ai garibaldini di Quarto, di Aspromonte e del Mincio, attraverso Lepanto e i castelli insanguinati di Bribir, Traù, Novegradi, la Dalmazia non conosce ancora tutti i nomi dei propri eroi. Esiste invece, da Diocleziano agli schiavoni, i fedelissimi soldati di Venezia, tutta una schiera ideale di prodi, tutta una concatenazione di atti eroici: i Nassi, Pietro Belli, Matteo Giorgi da Ragusa dimenticato perchè « difetto dei nostri storici fu sempre quello di tacere delle grandi celebrità, quasi queste dovessero durare vive da per sè senza puntellarsi sulle pagine »; Nicolò Tintar da Clissa, il Targhetta e 1* Epirota che, al servizio dello Sforza, si trovano menzionati dal Muratori, Nicolò Paladini, le donne di Curzola « emule di Stamura » (come si diceva allora o Stamira come si dice adesso), Simone Nosdrogna, Coriolano Cippico, i Crissava, i Bisanti, i Rosa, i Bartolazzi, i Mitrovich, i Fanfogna, Marco Ponte e il frate Messalini, guardiano del convento di Zara, il prete Sorich e l’intrepida Gelina Marunicina Pietro Micca in gonnella, eppoi i Vescovich, i Detrico, i