25
      Gli anni seguenti furono dal Poeta dedicati alla composizione di alcune tragedie. Con queste, soprattutto con la Nave e con Più che /’ amore, prima ancor d’infiammare con le sue Orazioni e i suoi Messaggi gli Italiani alla guerra, prima ancora di annunziare quasi profeta della guerra mondiale in una delle Canzoni delle gesta d’Oltremare che
             « l’Africa (e allude alla guerra libica) non è se non la cote ove affilammo il ferro, per l’acquisto supremo, contro le fortune ignote »
con queste tragedie, dico, Gabriele d’Annunzio esprimeva il suo sogno imperialistico.
      Sul significato e il valore dell’attività tragica di D’Annunzio, scrive Luigi Russo : Il teatro dannunziano « comincia sotto la volta di un qualche lempio di « Melpomene e si cala poi sulle piazze di Roma, sullo scoglio di Quarto, e * infine sulle vie di Fiume, dove... la tragedia da finzione scenica si consumerà « prodigiosamente tutta nella realtà storica. In questo senso è possibile fare una « storia positiva del teatro dannunziano: che poche volte è teatro di poesia, « ma è quasi sempre teatro di profezia e di educazione... e di esortazione « politica ».
      La Nave è la tragedia più nazionalistica che il D’Annunzio abbia scritto: « Venezia è soltanto una metonimia dell’ Italia imperiale. “ Arma la prora e « salpa verso il mondo,, è il verso che suggella la sostanza di quella poesia».
     Anche Più che l’amore, meglio che una tragedia è azione politica ; « questa urgenza e pienezza d’azione riscatta 1' erotismo e 1’ edonismo di D’An-« nunzio dalle possibili accuse di futilità e d’inutilità...».
      Nel discorso che presenta questa tragedia e ne costituisce la dedica il Poeta dice :
      « Anche riconosco la verità e la purità della mia arte moderna ; che « cammina col suo passo inimitabile, con la movenza che è propria di lei sola, « ma sempre su la vasta via segnata dai monumenti dei poeti padri.
      « Per ciò io mi considero maestro legittimo ; e voglio essere e sono il « maestro che per gli Italiani riassume nella sua dottrina le tradizioni e le « aspirazioni del gran sangue ond' è nato : non un seduttore nè un corruttore, « sì bene un infaticabile animatore che èccita gli spiriti non soltanto con le « opere scritte ma con i giorni trascorsi leggermente nell’ esercizio della più « dura disciplina... ».
      « Qual mai potenza può oggi essere rivendicata contro la mia arte, se « la mia arte ha celebrato e celebra nella più schietta e energica lingua d’ Italia « le più superbe e le più sante potenze della vita ? ».
      Nel 1911-12, quando il sogno imperialistico del Poeta comincia ad inverarsi, nella Canzone d’Oltremare egli leva il suo canto a glorificare la Patria. E son versi potenti, di vibrata passione :