48 Mussolini e nemmeno un insegnamento e un ricordo duraturo, in alcuni più o meno vasti ambienti, come i suoi conterranei Colautti e Forster ; nocque al Sabalich l’incapsulamento volontario - consono del resto alla sua natura sedentaria - nella piccola cittadina di provincia. Il fertilissimo Sabalich riuscì un appendicista colto e brillante ed un articolista enciclopedico quasi sempre attuale e moderno ; ricordiamo fra i centinaia di articoli una recensione del « Francillon » di Dumas degna d’ un Boutet e uno studio psicologico sul « Re vergine » Luigi di Wittelsbach, un giudizio estetico sul « Mobilio Moderno » e una acuta analisi sulla « Musica Dantesca ». Cogliamo qui l’accasione per chiarire la specie della sua sedentarietà, che in lui era un fenomeno esclusivamente fisico ; al contrario, le sue idee non erano certo statiche e conservatrici, lo attestano queste parole trovate scritte in matita su d’ un foglietto tutto spiegazzato, parole che sembrano uno scatto inconsueto in difesa dell’ opera sua di scrittore e di cittadino certamente attaccata da qualche facile critico : « Io non sono affatto un conservatore nè figlio di conservatori 1 io conservo e faccio conservare al lettore ciò che nel nostro paese c’ è di buono e dovrebbe venir tenuto in pregio. Se non mi si ascolta peggio per gli zaratini! ». E alla fine delle sue « Vie di Zara nei tempi andati » è lui anzi che inveisce contro il « conservatorismo stagnante » a Zara per cui le cose « hanno sempre purtroppo a restare così come sono ». Non tempra di rivoluzionario, il Sabalich non aveva le qualità nè somatiche nè spirituali che caratterizzano il borghese ; non aveva paura della morte ma di alcune specie di morte : patologico timore d’ un microbo ma nemmeno la minima incertezza di offrire la vita in olocausto alla patria. Schiavo di molteplici manie e menomato nella volontà d’ azione, dimostrò sempre un’ indipendenza di spirito e di idee, anche se schivo per natura a manifestarle a voce alta e spiegata. Scritte per propria soddisfazione e per proprio sfogo dell’ animo - tra il commosso per il grande avvenimento della redenzione e l’esacerbato per alcune probabili valutazioni incomplete della sua opera - nei primi anni del dopoguerra - ultimi di sua vita - ci sembra ci possano interessare alcune annotazioni inedite che hanno un delicato sapore di intimità autobiografica, misto a un acre e pungente sapore di spunti polemici. In una annotazione il Sabalich dice addirittura di aver scritta la propria autobiografia, intera e veritiera, ma questa non si è mai potuta trovare, a meno che non abbia voluto chiamare argutamente così, quelle due righe, mezzo scherzose e mezzo superbe, che abbiamo lette su un microscopico foglietto : « Giuseppe Sabalich del fu Giuseppe è il celebre autore della canzone del « Sì » che oggi si suona da tutte le bande musicali del Regio Esercito ». E che il « Si » gli era la creatura più cara di tutta la sua vastissima opera, traspare da quest’ altra annotazione datata