tevano essere rieletti se non dopo spazi di tempo, « mutationes », uguali una o più volte alla durata della carica stessa. (Vedi in proposito il già citato capitolo I dello Statuto di Cattaro).
     Se alla formazione degli Statuti concorsero le consuetudini che gradualmente erano state trasformate in norme scritte, non però tutte le consuetudini divennero norme statutarie, pur non perdendo il loro carattere di norme di diritto. Nello svolgimento di questo lavoro avremo diverse occasioni di constatare il valore giuridico conservato alle stesse; qui citeremo in proposito due capitoli di due Statuti.
     Il cap. 86 dello Statuto di Lagosta, riproducente una deliberazione del 4 novembre 1481 presa dal rettore, dai giudici e dai consiglieri di Ragusa alla quale l'isola era soggetta, così suonava : « Ad voi Conte dicemo che la nostra intention si e, che voi debiate observare le consuetudine, et ordeni di quella isola, maxime in fatto delle guardie, et non olsati a far altrimente, perchè in tutto faresti contra la volontà nostra ». - Lo Statuto di Scardona conteneva il seguente cap. 4 : « De consuetudinibus antiquis. - Item volumus et statuimus, ut civitas utatur antiquis consuetudinibus suis bonis, que preiudicium non faciat capitulari comuni » (4).
     Come lo Statuto di Scardona parla di « bonae consuetudines », così altrove si trova usata anche la dizione « consuetudines approbatae ». Con queste espressioni si dovevano certamente intendere consuetudini generalmente praticate, il cui fondamento giuridico posava o sul diritto romano o su quello canonico, in quanto il primo in molti casi aveva dovuto far posto al secondo, nel suo adattamento a popolazioni cristiane.
     Constatato che, parallelamente agli Statuti, rimanevano in vigore quali fonti di diritto anche le consuetudini, passiamo ora a considerare gli Statuti stessi, che venivano indifferentemente chiamati : « Statuta, Statutum, Liber Sta-tutorum ».
     La denominazione che meglio corrisponderebbe alla loro impostazione sarebbe quella di « Liber statutorum », cioè di Libro degli statuti, perchè appunto ciascuno ci si presenta come una raccolta di « statuta » ossia « deliberazioni » o « decisioni », per certe delle quali ci è anche possibile rilevare quando vennero prese e con quanti voti favorevoli e contrari. In certi Statuti le singole deliberazioni che ne costituiscono i capitoli in cui sono divisi, sono introdotte appunto dalla formula propria al potere deliberante « volumus et statuimus » oppure « statuimus et ordinamus » ; in altri si trovano capitoli contraddistinti dall appellativo stesso di « statutum » come ad es. : « presentis statuti edicto » oppure « presentis statuti oraculo », « auctoritate hujus statuti » ecc. dai quali si desume in modo evidente che il termine di « statutum » era da inten-
      (4)	Per quanto concerne ii « Capitulare » vedasi il seguente capitolo nel prossimo numero di questa Rivista.