36 ora libertine, si intravede, in germe, il futuro autore di tante dotte cronistorie, l’appassionato raccoglitore di tante memorie patrie. « Venezia che mi ospitò bambino, le Zattere ove ho sgranchito i primi passi, il popolino fra cui appresi a parlare, ad osservare e un tantino anche a malignare, ecco il sogno che turbò per oltre venti anni le mie giornate ». Ed ancora: Ohi il tuffo nella mia Venezia storica ed artistica ! Boccate d’ aria e boccate d’ arte ! La burocrazietta di Zara non se ne addà. Un solo mese di questa vita vale bene un sepolcro di venti anni 1 E dopo di ciò venga pure la morte ». I più notevoli fra i bozzetti sono : « La favorita di Don Carlos », « Un po’ di Goldoni » dove, tra le varie divagazioni che il monumento del Del Zotto gli ispira, si può leggere quasi gettata lì per caso questa sottile noterella critica: «Oh Momolo ! Oh Lucieta ! Oh vecchio sior To-daro ! Se Goldoni si fosse fermato là ! Ma egli volle forzare e scrivere delle “ Dalmatine „ che possono essere giapponesi... »; « Gli assedi di Zara » dove un vecchietto, tipico cicerone veneziano, spiega e commenta argutamente all’autore i due quadri degli assedi di Zara a Palazzo Ducale ; « La devozione a Venezia » e « Quà e là per Venezia » primi esempi di ciò che sarà più tardi il Sabalich giornalista, un colorito narratore di cronache d’arte ; qui infatti vive, efficaci e complete descrizioni di tutte le spettacolari manifestazioni religiose veneziane - processioni, voti, sepolcri ecc. -, e dominatrice assoluta di tutto e di tutti la divina arte della Scuola Veneta ; « e così fra un Palma e un Vecelio passavo la mia adolescenza senza distacco nelle figurazioni della mia mente, perchè fra il San Girolamo del Giambellino e il ganzer della riva, non c’ era nulla di diverso nè 1’ occhio nè la barba e nemmeno il mantello »; poi, in rapida e gustosa sintesi storica, moltissimo di Venezia, da Marin Falier al Manin, dal Brustolon al Longhi, fanatismi e bestemmie, Papa Rezzonico e Renan, i Carmelitani Scalzi e l’Enciclopedia, e quel campanile di San Marco dalla cui cima « Madame di Stael vedeva le coste dell’ Istria e anche (o fantasia francese 1) quelle della nostra Dalmazia »; e la sua Dalmazia gli è in cima d’ ogni pensiero « quanti ricordi per noi dalmati non ha il tempio di San Zanipolo... » e giù una filza di nomi e di notizie interessanti nostre chiese, nostri teatri, ricordi del nostro Risorgimento ; e in un punto lo dice chiaramente : « ho voluto sempre occuparmi dei miei compatriotti tutte le volte che fui a Venezia », ed anche nella novella intitolata « La carne », in mezzo alla passioncella erotica per le ben tornite gambe della Emanuela Ungaro, trova il giusto momento d’inserirvi, con appassionate parole d’ amore e di poesia, i nomi dei garibaldini dalmati, i Molin, i Venturini, i Popovich, i Carrara, i Vusio, i Sirovich, i Giuppani, i De Giovanni, i Viscovich, i Vucovich, i Zanghi e molti altri che « aspettano sempre (e quanto aspetteranno?) la loro epopea». In questo bozzetto effettivamente la carne è la maggiore protagonista, ma la vampata di passione non precisamente ideale