11 lore, ma si avvilisce talvolta, si sframmenta e degrada, impigliandosi in complessi più turpi, a soddisfazione di basse o perfide brame, si perde in uno stato crepuscolare, in cui la panica forza dell’istinto intristisce e ristagna in una verminosa palude che dà un senso di schifo e ribrezzo. Tale è il primo inferno, ove pullulano tra pene rispondenti le Lu-singatrici, le Venali, i Mercenari, i Seduttori, i Favoriti, che degradarono amore in turpe mercimonio e baratto, le Lesbiache e i Solinghi, che lo intristirono per viltà in pratiche di egoistico occulto diletto, e le Infanti-cide, che, sacrificadolo al pregiudizio sociale, lo rinnegarono nella sua forma più vera, per cui da libido aggressiva esso assurge a coscienza dei suoi fini, e si redime nella maternità : « non d’amor, ma contro amor peccaro! » Infatti, quest’ istinto, che si strania a se stesso e per chiuso egoismo si avvilisce in un amalgama spurio di vili interessi, non è una forza che si espande, si soddisfa o trasfonde in altrui, ma è uno schermo isolante, dietro il quale si trama ogni infamia, viltà e tradimento. L’amore, adulto, tutt’ intero sè stesso, che invade e investe tutto 1’ essere psichico, turbandolo dalle fondamenta, ostenta, invece, la lasciva sua gloria nei canti delle Adultere, degli Incestuosi, delle Fuggitive e dei Micidiali, dove il lirismo della passione corre la sua sfrenata carriera, esplode in tutta la sua forza, sbocca, per effetto di oscure ambivalenze, nell’ odio, e spazzando ogni cosa, travolge le fragili creature, che piegano alla sua nefasta potenza, verso il delitto e la colpa sociale, verso la esecrazione degli uomini e la condanna di Dio. Torve e miti figure di carnefici e vittime insieme ne incarnano i tristi effetti e i dilanianti, omicidi furori ! Ma l’istinto inibito, in cozzo colla realtà che non consente, alla ricerca di soddisfazione, tentando compromessi e inversioni, rifluisce nella soggettività più profonda, vi provoca risucchi di allucinazioni ossessive, dentro alle quali si dibatte e si sfibra impotente a sprigionarsene, chiuso in un cerchio di fantasie e d’illusioni. Da impotenza a impotenza, nel giro di un circolo vano, insoddisfatto, esso si fa aggressivo in se stesso e si converte, da impulso di vita, in desiderio di autoanientamento e di morte. Tale scala degenerescente si snoda dall’ illusione,a 11’ allucinazione, al suicidio, nei tre ultimi canti dei Vecchiardi, dei Virginei e dei Fatali, dove per effetto d’involuzione profonda amore smarrisce il suo oggetto, s’introverte contro se stesso, e culmina in un’ acre voluttà di morire. Sono i canti del pathos più vivo, nei quali Amore e Morte, riuniti a rovello della giustizia divina, rilucono di tra le brume infernali, che ne risfavillano vinte ; mentre il Poeta, solidale, nel suo orgoglio di amante, con quelle indomabili coppie innamorate, che tanta pena grava, prorompe in un’ invettiva che gli vale l’abbandono della guida severa nella buia notte infernale ; la cui opacità tutta si accende, finalmente, all’ apparire della Madre, che coll'Amor veritiero redime la sua obliosa creatura.