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      Più tardi, nel luglio 1878, dettando la saffica Miramar, il Carducci riprenderà a svolgere il medesimo concetto che chi attenta alla libertà, alla giustizia, alla vita dei popoli deve avere, per la Nemesi storica, adeguata punizione, la quale può ricadere sui figli o sui nepoti se la legge morale non sia stata prima soddisfatta e la pena espiata.
                         Vieni, devota vittima, o nepote di Carlo V.
                          Non io gl’ infami avoli tuoi di tabe marcenti o arsi di regai furore ; te io voleva, io colgo te, rinato fiore d’ Absburgo ;
analogamente si rifà alla stessa norma fatale nell’ ode Per la morte di Napoleone Eugenio (1879)
                         Sta ne la notte la córsa Niobe, sta su la porta donde al battesimo le usciano i figli, e le braccia fiera tende su ’1 selvaggio mare;
così nelle Rime per i funerali di Elisabetta imperatrice regina ( 1898) :
                  Ahi quanto fato grava su 1’ alta tua casa crollante, su la tua bianca testa quanto dolore, Absburgo!
                 Pace, o veglianti ne la caligin di Mantova e Arad,
                  Ombre, ed o scarmigliati fantasimi di donne !
                                                                      (Alle Valchirie)
      Il	Carducci, in sostanza, esamina un complesso di fatti storici relativi ad un medesimo soggetto, e ne trae le conseguenze fatali prescelte dalla dea alata della giusta vendetta; il Tommaseo ne analizza compiutamente uno solo, ed a parte lo risolve, secondo la prassi comune e il suo sentimento cristiano.
Niccolò Tommaseo e Giosuè Carducci
     La « Nuova Antologia » del 16 settembre 1938 riproduceva in un articolo marginale il testo di una lettera inviata da Giosuè Carducci al giureconsulto Narciso Feliciano Pelosini di Calcinaia il 5 ottobre 1857. Nella missiva, il poeta ventiduenne rammentava un succoso giudizio di Niccolò Tommaseo intorno alle Rime giovanili del Carducci apparse nello stesso anno, per i tipi del Ristori, a San Miniato, ove allora dimorava il poeta, professore di materie letterarie in quel ginnasio.
      Com’ è risaputo, quel primo libro di poesie, aggiunto a quelle ideate negli anni seguenti, formò la raccolta di Juvenilia, pubblicata nel 1860. Ecco la recensione del Tommaseo, di cui è cenno, stampata sotto il titolo « La critica riverente e la critica laceratrice ».
      Il	dalmata, dalle vibranti note carducciane, intuì il genio che
                       guarda il cielo ed il mare, e canta forte de’ venti e de le antenne al cigolìo.