48 in quegli ambienti valeva qualche cosa, per un fenomeno psicologico abbastanza comune, quello della suggestione dell’ ambiente. Tutti sapevano che io era italiano; che non volevo vestire la divisa militare ; che avevo osato schiaffeggiare un sottotenente ; che avevo scacciato una dama della Croce Rossa, perchè non voleva fare il suo dovere ; che non ero venale; che ero affabile con tutti, specialmente cogli umili. Ero sostenuto dal cappellano cattolico, da quello greco-ortodosso (un serbo del Banato) ed ero ben visto anche dal Rabbino. Poi ero chiamato « der Papà » (il babbo) da tutte le crocerossine, che andavano a gara nel farmi dei favori... sicché l’aura favorevole dell’ ambiente c’ era ! E di questa beneficiavano tutti coloro a favore dei quali io dicevo una buona parola. La « serva padrona » è una figura che, prima di passare sulle scene, ha popolato sempre la vita, anche durante la grande guerra! Brividi postumi L’Anno Santo del 1925 somigliò ad una trasmigrazione di popoli verso l’Italia. Le speciali riduzioni ferroviarie, concesse da tutti gli Stati, la relativa facilità di movimento e non da ultimo la grande quantità di danaro circolante resero possibile a moltissime persone di visitare l’Italia, per le sue bellezze naturali ed artistiche ed anche col pretesto dei campi di battaglia o di una visita al Papa. E si visitò tutto il visitabile - e quindi anche Grado e la sua spiaggia. Ebbi così 1’ occasione di rivedere parecchi amici e conoscenti degli anni di prima della guerra e molti camerati della guerra, fra i quali ultimi fu anche il dott. M. Velickovic-Svinjarev, che ho già ricordato in questi miei appunti. Egli era un serbo del Banato, fervente nazionalista e subiva la guerra contro il suo popolo come un martirio. « È da stupido - diceva - correre, per una parola, il rischio di perdere la propria libertà, quando questa all’ occasione potrebbe essere più utile per i nostri ideali ». Era stato destinato, col suo ospedaletto, alla Centrale di smistamento di Leopoli (anno 1916). Vestiva l’uniforme di tenente-medico; in servizio era esatto; sembrava severo e superbo, perchè non dava confidenza alle persone e per questo il nostro Comandante aveva una grande opinione di lui. Ma con chi aveva confidenza - noi due fummo subito attratti da reciproca simpatia - si sbottonava e diveniva facondo, special-mente quando, come con me, poteva usare la sua lingua. Ci eravamo separati nei primi mesi del 1917, quando io ero ripartito per Cherso e lui era ritornato al suo paese, dove era primario ginecologo in nn ospedale. Dopo le prime effusioni e le presentazioni reciproche delle nostre famiglie, egli mi prese a braccetto e mi disse : « Alacevich mio, io ho un debito di coscienza verso di te. Non posso tacere più a lungo e la mia venuta a Grado è dovuta in parte a questo. Non ti potevo