59 minenti dei « serbi cattolici » figurano parecchie di nome italiano: I Castrapelli» Pugliesi, Fabris, Cippico, Monti. Il D.r Bakotié mostra un certo risentimento per i « sacerdoti cattolici clericali> cioè per quelli che fanno della fede un mestiere ». Questo capitolo finale potrà servire per comprendere le origini del dissenso, non ancora appianato, fra Serbi e Croati, anche in Dalmazia. UGO COESTA: « Jugoslavia d’oggi» A. Mondadori, Milano, 1939. Vorrebbe essere un libro di impressioni turistiche. Ma il viaggiatore (ossia 1’ autore), discretamente preparato, attento e pronto nell’osservare, ha il difetto di sbrigliare la sua fantasia e verbosità, per cui le sue descrizioni, troppo lunghe e a tinte sgargianti, finiscono coll’abbagliare, e coll’ offuscare, invece di rischiarare, lo scenario. Il libro si inizia con alcuni « Quadri dalmati > (una trentina di pagine), nei quali si parla anche degli « Italiani di Dalmazia ». « Credo che il modo per sentire la Dalmazia, sia da rifarsi da Zara, la città gioiello (pag. 11) ... Oli italiani debbono andare in Dalmazia a goderne le bellezze> comprenderne la realtà e riaccendervi la nostra lingua, ora che non è più la lingua proibita (pag. 14) ... Ma quanti italiani visitano la Dalmazia? Troppo pochi, il turismo è quasi esclusivamente tedesco, inglese, americano, nordico (pag. 18) ..• Il realismo fascista assegna all’ elemento italiano in Dalmazia una funzione nella quale i nostri connazionali potranno trovare la quiete dello spirito. Essi rappresentano la civiltà romana sull’ orlo di un mondo dove gli influssi del germanesimo incontrano quelli tenacissimi di Bisanzio. La loro battaglia non è finita, è l’obbiettivo che muta. Noi vediamo negli italiani della Dalmazia una ferrata legione di combattenti per l’ideale di una profonda cooperazione dell’ Italia al processo storico che avvicina gli Slavi del Sud al clima morale d’Occidente. È penoso per un Dalmata italiano doversi considerare - ed essere dal punto di vista legale - uno straniero nella terra nativa, però se egli pensa di incarnare una volontà di amicizia fra popoli arrivati a collaborare e non a urtarsi, il suo dolore si placa nella serena fierezza di servire oua nobile causa (pag. 19-20)... L’italianità in Dalmazia non ha avuto mai la vita piana... E invece doveroso partecipare con dignità e fermezza alla lenta maturazione dei fatti... (pag. 27) ... Ripetiamo che molti italiani regnicoli hanno modo di lavorare per l’italianità in Dalmazia e, al tempo medesimo, per lo sviluppo dei rapporti con la Jugoslavia : traversino più spesso l’Adriatico, visitino la costa dalmata, l’arcipelago, prendano interesse agli aspetti multiformi, ai problemi di questa terra imparagonabile, vi portino il cordiale messaggio e l’invito dell’ Italia... (pag. 28) ... Spalato, città di nostalgia (pag. 32) ... Ragusa vive diverse vite (pag. 33) ... Di tutte le repubbliche marinare, travolte dall’ uragano napoleonico, Ragusa è la sola che forse non si rassegni ancora » (pag. 34). Seguono gli altri quadri: Mostar, Belgrado, Zagabria, Lubiana. A un certo momento ci si accorge che l’Autore si trasforma da turista in psicologo e politico e ci presenta dei capitoli sulla stampa jugoslava, sulla ruralità, sui Balcani e sul balcanismo, sul conflitto fra Serbi e Croati, perfino sulle donne jugoslave, tutte cose che non si possono percepire, conoscere e approfondire in una permanenza di giorni o settimane. Si capisce cioè che ad un dato momento egli deve essersi trovate le valigie piene di o-puscoli di propaganda e, a viaggio terminato, rimugina le cose lette frettolosamente in ferrovia. C’ è un capitolo sulle « Tre Marie» che fa l’effetto di una chiacchierata superflua e male intonata sulla moralità e sull’erotismo delle donne serbe, croate, slovene. Anche il capitolo « Cose di Croazia » appare come un pettegolezzo prolisso che lascia il lettore, anche se esperto di cose jugoslave, più confuso di prima. A pag. 161 c’ è un elogio di Stojadi-novié. Acqua passata !