14 • ferenze fra i due eroi-martiri, quasi che si fosse trattato di stabilire una graduatoria di merito e fosse possibile stabilirla. Quando si sono raggiunti e varcati i limiti del superumano, come fecero il Battisti e il Sauro, giova piuttosto considerare quello che li avvicina, non quello che li distacca. Fra i Mille di Garibaldi, - diceva Carlo Delcroix, commemorando in Quarto il ventesimo anniversario dell’ orazione con la quale Gabriele d’ Annunzio preluse all’ entrata dell’ Italia nella guerra mondiale, - <■ fra i Mille i più erano venuti dalle discipline e dalle armi e il popolo non vi era rappresentato che dalla sua parte più viva. Molti artigiani, pochi operai e quasi nessun contadino ». La Patria era ancora « visione di privilegiati e passione di solitari », non era «coscienza e sacrificio di masse». Era questo l’assillo di Cesare Battisti ('). Nelle Russie, egli ammoniva, « il trono dell’ assolutismo vacilla non già perchè contro di esso hanno appuntato le armi i letterati, i filosofi, gli studiosi, non perchè torme di operai si diedero alla rivolta » ; è perchè è avvenuta « 1’ unione fra le due forze » del braccio t della mente, dei proletari e degl’ intellettuali, della gioventù pensante e delle classi lavoratrici. Alla storia del Risorgimento era mancata la costanza di questa feconda unione, sicché, nell’ anno della nostra neutralità, a più di mezzo secolo dalla leggendaria spedizione dei Mille, cioè pur quando il d’An-nunzio commemorava la partenza di Garibaldi dallo Scoglio di Quarto, il Battisti si trovava ancora a polemizzare con molti italiani, i quali campavano sulla comoda teoria che « la difesa della patria spetta solo e sempre alla borghesia », mentre egli sosteneva « una visione degli interessi collettivi e remoti della nazione » (proletariato compreso), e voleva che la visione « trascendesse non solo i piccoli vantaggi elettorali, ma anche le utilità immediate ». A creare questa visione, a far sì che se ne persuadessero e se ne entusiasmassero anche i ceti sociali che dalla storia del Risorgimento erano stati assenti, fu vòlta tutta l’attività del Battisti nel Trentino, dov’ egli ebbe a sfidare difficoltà ben più gravi di quelle che avrebbe incontrato nel Regno. Era mai possibile pretendere, in piena epoca di socialismo, che le classi più umili di una minuscola popolazione soggetta allo straniero e abbandonata a sé stessa già dal governo ufficiale della propria nazione, era mai possibile pretendere che facessero causa comune con gl’ intellet- 0) Tolgo le citazioni, per quanto segue, dall’ Edizione Nazionale delle Opere di Cesare Battisti, curata dalla Vedova stessa : Scritti geografici e Scritti politici di Cesare Battisti, Firenze, Felice Le Monnier, 1933, due voli. Da tener presente è anche la bibliografia battistiana, pur raccolta dalla Vedova: Cesare Battisti nel pensiero degli Italiani, Trento, Ed. Legione Trentina; due fascicoli, I 1928, Il 1938.