37 L’argomento di questa mia pseudotragedia lo desunsi dalla Storia de’ Corsi, col fermo proposito però di alterarne il fatto, e solo del popolo ritrarre la natura vendicativa, acerrima odiatrice della tirannide. Io mi lusingo che la scelta non le debba spiacere, avuto riguardo all’ entusiasmo che nella più parte de’ suoi scritti riconobbi pel popolo Corso, essenzialmente Italiano. Se poi io m’abbia ben tessuto il lavoro, se i caratteri de’ miei personaggi vi siano ritratti a dovere, ed abbastanza poeticamente, non saprei ben dire; solo posso affermare che schiavo di nessuna scuola, lasciai sbrigliata la mia fantasia correre ove più le piacesse, lasciai giocare il mio sentimento, e specialmente 1’ amore per la libertà, tanto fitto nella mia idea d’ essere originale, ch’io nutro unodio, proprio di matrigna a quel diavolo di Lorenzo riuscitomi un po' troppo tagliato all’ Inglese. Sotto un certo rispetto, parmi nulla dimane (sic !) eh’ io possa scusarlo al pensiero che in Lorenzo intesi rappresentare il potere de’ quattro com • missari Genovesi che governarono in quel tempo la Corsica, facendo d’ ogni erba fascio e il licitum del libitum, come direbbero gli Scolastici. Come pure 10 vedo che mi si condannerà come pagano il suicidio di Sampiero ; senonchè non trovando in tutti i miei personaggi un solo che dovesse o potesse ucciderlo, finii col lasciare che da sè stesso troncasse la propria esistenza, resa infelice da una continua sequela di mali, e giunta al colmo dell’ annientamento nell’ istante in cui si vede sfuggire ogni speranza di liberare dal servaggio la patria. 11 raziocinio mi loda questo suicidio, mentre le ragioni del bello altamente lo condannano. Dell' avere poi divisa la mia azione in quattro atti non le faccio nessuna scusa, perch’ io so che non dissento in questa opinione da lei, e mi sovviene d’ un bel brano nel suo Dizionario Estetico, ove per 1’ appunto vien data la giarda a questi pedissequi, pedanti, pedantucoli adoratori de' cinque atti, giusta la sentenza Aristotelica : Neve minor, neu sit quinto productior actu. Del resto poi non mancano esempi di Cervantes, di Voltaire e dello stesso nostro Marenco, che dimostrino potere esistere una azione tragica, senza 11 bisogno di scompartirla in cinque atti. Umile affatto io non lo sono; quindi le confesso che se reputassi questa mia traged a un mostro di deformità, non avrei faccia di presentargliela : ho tuttavia la persuasione che in essa il cattivo trionfi sul buono, epperciò la sconsiglio dall’ accingersi a darne un giudizio, troppe essendo le mende eh’ ella avrebbe a notare. Accolga soltanto questo poverissimo, indegno dono che trepidando le offro, come una sincera espressione della mia venerazione, del mio amore per lei, e se pure mi giugnesse mai una sua parola di conforto, nessuno per avventura potrebbe vantarsi più felice di me. Torino, il 24 febbraio 1858. Il più caldo fra i suoi ammiratori Angelo De Gubernatis studente in Belle Lettere