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scrivere e ne capirai subito il motivo. Per i dispiaceri, che avrei potuto apportarti, è giusto che tu abbia pure una soddisfazione ».
     Questo preambolo mi fece allibire. Ho pensato a chissà quali porcherie avesse fatto contro di me, forse denunziandomi, per apparire più puro e più fedele lui stesso. Ma scartai subito questo pensiero, perchè da quando m’ era trovato in sua compagnia, non solo non avevo avuto persecuzioni, nè noie, ma tutto m’ era andato a seconda. Anelavo per ciò di sapere la verità ed avevo paura : paura di perdere, più che altro, ancora un’ idealità, la fiducia nell’ amicizia. Con voce tremante gli chiesi : Ebbene ?...
      Ed egli incominciò a raccontare. Ricordò le sue origini ; la sua stirpe; le persecuzioni subite dal suo popolo ; le angherie dell’ Austria contro gli eroi di Kosovo, difensori della civiltà occidentale; le barbarie perpetrate in questa guerra contro i Serbi, gl’ incendi, i massacri, le fucilazioni, le forche...
     « Io pensavo continuamente al martirio della mia gente - diceva accalorandosi il dott. Svinjarev - ed un furore intenso mi prendeva contro
i	colpevoli di tante disgrazie. Ero in questo stato d’animo, quando mi fu comunicato un ordine di servizio dal quale appresi che l’imperatore di Germania sarebbe sceso il giorno dopo alla stazione principale di Leopoli, che era a cento passi dai nostri uffici, e avrebbe poi proseguito in automobile il suo giro d’ispezione. Non dormii tutta la notte, perchè vedevo in lui il maggior responsabile della guerra e del martirio del mio popolo.
Il	mio furore, nutrito d’ odio, cresceva, cresceva...
     Quella mattina venni in servizio come un sonnambulo, non vedevo niente, agivo come un automa. Non so se tu abbia osservato, quel giorno, qualcosa di anormale in me... ; ma credo di essere stato insopportabile per il mio nervosismo... Non facevo che pensare al mio povero popolo, senza patria, distrutto e disperso per colpa di colui che oggi sarebbe venuto a Leopoli ! Non lo colpirà la vendetta di Dio per tutti i massacri dei quali egli era stato la causa?
     « E in quel momento il nostro comandante, dott. Rosenfeld - te lo ricordi ? - ti aveva raccomandato di non uscire dalla baracca, perchè non ti vedessero vestito in borghese... Distavamo dalla Stazione meno di 100 metri. Tolsi di mano ad uno di quei disgraziati piantoni, che erano stati armati soltanto perchè fossero « in stile », ma che erano così deficienti di corpo e di mente da non essere adatti ad alcun lavoro, il moschetto e lo portai nel mio ufficio dal quale - ricordi? - ti avevo mandato via con parole alquanto aspre. Provai ad appoggiare la canna sul finestrino che era proprio di fronte allo scalone della Stazione... L’ appoggio rendeva la mira sicurissima... e già vedevo partire la palla e colpire in pieno, vedevo la confusione, il mio arresto, i pugni, i calci, piovere su di me... E la visione di questa scena mi inorridì... Non volevo, a nessun costo, cader
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