9 a conquistare quei piccoli cuori complessi e infedeli, l’amore, nella sua ansia sottile cieco e ribelle, trae le due anime, fiere eppur paurose del dolce peccato, al naufragio della volontà nella morte. « Oh, quell’ amore, in cui aveva riposto tutti i suoi sogni e tutte le sue fedi, che doveva essere l’intimo suo orgoglio e la sua discolpa suprema, quanto lo aveva ella deturpato, depresso avvilito ! Lo aveva degradato con complicità ignobili, con patteggiamenti obbrobriosi, del suo amante aveva fatto un intruso, del suo idillio un pettegolezzo. L’amore che doveva incarnare un ideale si era converso in un letamaio. L’ Eden diventava per lei la Gehen-nal...» Così singhiozza Fidelia, fra le angoscie della disperazione, e la sua voce è come il gemito di una forza che scava In profondità ! Nè poteva essere diversamente per Fidelia, moglie giovanissima e tubercolotica di un illustre chirurgo, che nella donna vedeva un problema biologico, e ammirava, nella sua plastica, per una specie di autopsia mentale, il trionfo degli organi e della chimica umana, interessandosi, per pregiudizio di clinico, ai visi smunti e agli sviluppi sospesi, più che alla procacia di un bel corpo sano. Per una interferenza della sua vita intellettiva nell’ affettiva, egli considera il suo matrimonio con uua tisica un eroismo morale nello stesso tempo che un delitto fisiologico contro la legge di selezione, e per un esperimento funesto, rifugge da ogni contatto, facendo della vergine una spostata e una marcire, e attende e spia, con scientifica inquietudine, il sorgere dell’ animalità erotica nelle sue pupille, nelle sue attitudini. Ma il medico nulla concede all’ amante, doma con acre orgoglio la propria carnalità e tortura la vittima in nome della legge di eredità, gettandola, per 1’ altra legge naturale di attrazione biologica, nelle braccia di un brutale teutono, che, nel piacere, le ridà la salute fisica, ma le innesta il veleno nell’anima, disorientandola in una inquieta guerra di sentimenti e reazioni, nei contatti e contrasti colla società, che le succhia ogni resistenza morale, sinché esaurita, col frutto della sua colpa nel grembo, si rifugia nella morte, abbandonando il suo corpo, negato all’ amplesso, al bisturi del marito, che vi scopre la prova della sua follia e il crollo delle sue illusioni. Questo stesso dramma d’ anime abbozzato in Fidelia, che ha luogo quando il sistema degli istinti si turba o devia, si moltiplica nel poema per svariati motivi e si presenta sotto mille volti, non come una visione teologica che faccia capo a un imperativo etico, ma come la storia naturale d’amore nell’ analisi e nella sensibilità di uno spirito aperto alla comprensione della vita moderna, alla quale esso toglie gli esempi e le più rappresentative figure. Sono i nefasti dell’amore istinto, che corrisponde a un imperativo di vita, si esplica come una legge cosmica della specie, e diventa aberrazione o peccato soltanto quando la imposizione dell’ oscuro genio genesico s’invesca nei nostri sentimenti, nei nostri preconcetti o nei nostri criteri sociali, che gli si oppongono, crescono, si differenziano, si