DALL’ (( AUTOBIOGRAFIA » 103 essere condotto al campo di Michele Abaffi, principe di Transilvania, dove li di lui segretarii stavano consultando se mi doveano comprare. A quali chiedendo io il sollievo d’un poco di pane, me lo diedero, e mi domandarono se il valore tedesco era perduto e perchè l’armata cesarea s’era ritirata dall’incontrare un esercito ottomano, eh’ appariva più di quello ch’era. A questi, come a ciascun altro, occultando la mia condizione, fui con dispregio tirato da’ tartari fuor della tenda e condotto in altre vicine, eh’ erano d’Ahmet pascià di Temeswar, stato precedentemente tefterdar della Porta ottomana, di nazione bulgaro ed uomo di molta prudenza, amico de’ franchi; e per questo ambiva d’aver anche tutta la sua corte formata di schiavi di tal nazione. Fra’ quali essendo due francesi, cercarono che di me facesse compra; che seguì per il prezzo di 17 talleri. Liberato da sì barbare mani, come quelle de’ tartari, fui consegnato ad un ebreo chirurgo, e nutrito con cibi turchi, e ristorato in parte da quella gran debolezza in cui ero caduto. Il pascià mi chiamò a sè e mi domandò chi ero. Dissi : servidore d’un mercante di Venezia, che, sulla strada per andare a Sopro-nio, da’ tartari ero stato preso. Li dissi d’essere stato a Costantinopoli servitore del bailo Civrani e che avrei cercato quel riscatto che fosse stato