34 LA SCHIAVITÙ DEL MARSIGLI ricco d’un milione, che altri non lascierei eredi che li figlioli del signor Pietro Civrani, che nella mia schiavitù aperse il scrignio e mi mandò a liberare: che da nessun compatriotta mai si sarebbe fatto. E con la perdita di tempo sarei stato mandato a Costantinopoli e più anni in un carcere marcito. E perchè non si creda che i fratelli facessero gran cose per lui in quegli o in altri giorni difficili pubblico anche questo passo d’un’ altra sua lettera inedita, anch’ essa da Vienna, diretta il 15 ottobre 1692 ai due fratelli superstiti ®*. In tante mie disgrazie di ferite, di perdite di bagaglio, di malatie, mai potranno dolersi che gli abbi ricercato un solo baiocco del loro, ma nè meno, come è solito di farsi, ricercato una anticipazione per aiutarmi in tali contrattempi; ma solo da me ho piuttosto volsuto penare, che darli una minima soggezione. In occasione della schiavitù pure non ebbero motivo d’incomodarsi, perchè gli amici acquistatimi col mio buon procedere non permisero tempo alla loro mostratami carità, e per il risarcimento del lei sborso feci io da me il noto debito, pagando per esso li pontuali frutti senza veruno loro aggravio. E se ciò sii vero, non voglio altro giudice che loro medesimi. Sentiamo ora che fece l’arciconfraternita di S. Maria della Neve, che il 12 marzo tenne adunanza6*. Il priore disse ai fratelli che gli aveva fatti invitare con polizza per significare loro che essendo in negoziati lo riscatto dell’ illustrissimo signor Ferdinando Luigi Mar-silii, nostro aggregato, gli pareva di dover mostrare di voler cooperare con l’orazioni allo sborso che negoziavano i di lui fratelli [o illusione!], coll’esporre il Santissimo la