dall’« AUTOBIOGRAFIA » IOI dagnare per tagliar la nostra comunicazione con l’armata. Fra selve e paludi, e fra qualche tagliata di legnami, con ferma risoluzione di difenderci, quattro assalti dal mio posto furono rispinti, con figurarmi egual sorte negli altri posti, giacché non erano seguiti li concertati segni de’ sbari in caso di sinistro evento. Glorioso intanto del mio buon successo credevo d’ uscire de’ stenti de’ fanghi al riposo del buon terreno, mentre solo tre ore mancavano alla notte. Ma giunto ad un gran prato, si videro e turchi e tartari ed ungari abitanti dell’isola, mischiati insieme senza verun segno di ostilità; il che meglio conosciutosi da quella brava milizia ungara che meco era, si separò da me e si unì con l’altra, fatta ribelle. Di modo che restando io solo con sessanta dragoni, abbandonato e d’aiuto e di viveri, e cinto da paludi e da nemici e da sudditi fatti ribelli, mi convenne mettermi fra le braccia d’ un risoluto tentativo, cioè di guadagnare un luogo fra le selve e boschi, detto Caposvar. Ma la moltitudine de’ tartari, per le buone guide che avea, in tre passi mi attese ; e li due primi superando con la morte de’ miei, nel terzo mi convenne soccombere, dopo d’essermi difeso con quella poca gente restatami, insino a perderla tutta. E conoscendo inevita-