DALL’« AUTOBIOGRAFIA )' 105 In quelle pianure di Ungaris Oltenburg 1’ ampiezza dell’ esercito ottomano, la quantità del cannone e del bagaglio facea un’ apparenza che minacciava l’espugnazione di tutta la cristianità, non che di Vienna. Li campi in figura rotonda, con sì sontuose tende, parevano tante mobili città. Nell’ ultimo campo, prima di giugnere sotto Vienna si fecero gli apparati d’ornamenti, di lancie, di bandiere e d’aste e musiche militari; immaginando di causare a’ difensori uno spavento all’ apparenza maggiore di quel che potea dar l’essere del loro esercito. Investirono la piazza e nel medesimo tempo l’assediarono, scegliendosi l’attacco in sito che non era il più debole, ma bensì il più comodo per le mine; col mezzo delle quali speravano la espugnazione della piazza medesima. Il campo del mio pascià era in faccia della porta del Schotten. Le mie ferite già cominciavano a saldarsi, e per questo anche a varii impieghi mi destinavano, ora alla stalla ed ora a pulire le tende. Fui dato in fine per servidore ad un credenziere che tenea pubblica bottega di caffè, in cui dovevo abbruciarlo, cuocerlo e distribuirlo a’ compratori. Fra molti turchi che solevano venire a be-vere ogni mattina, erano due, detto Bastelli