42 LA SCHIAVITÙ DEL MARSIGLI fratelli. Et alla messa dello stesso padre si comunicarono il suddetto signor protettore e signor Marsili, come anche buon numero di fratelli. Dopo la quale si cantò il Te Deuni e fatta una breve esortazione dal padre spirituale a tutti li fratelli di non mancare, ogni volta si fossero radunati, di pregare il Signor Iddio e la Beata Vergine, acciò dassero grazia al suddetto signore di spargere il sangue per la santa fede nelle campagne ch’era per fare, ovvero, dopo riportatone gloriosi trionfi de’ barbari ottomani, potesse felicemente ripatriare. Del che resone grazie dallo stesso signor Marsili al padre, si protestò di volere vivere sempre memore di questo oratorio e che voleva, o vivo o morto che fosse, lasciarvi memoria di lui, con qualche compimento della fabbrica di esso. E, dopo dato l’abbraccio fraterno con l’osculum pacis a tutti, restò terminata la funzione che riuscì molto decorosa e di gran commozione in tutti ed in particolare all’ultimo schiavo liberato, Giovanni Maria Ghiselli, che fu presente al tutto; e nell’abbraccio che fece col suddetto Marsigli, non puotero di meno di non tramandare ainbidue abbondantissime lacrime, come che memori delle sciagure della schiavitù sofferta da ambidue et ora trovarsi nelle tranquillità della loro patria, che piaccia a Sua Divina Maestà et alla Santissima Madre Maria, nostra protettrice, di conservarla e preservarla da tutti gl’insulti de’ nemici. Meno d’un mese dopo, il 18 giugno, il Marsigli sta per partire per Innsbruck. Il dopo pranzo si fu in qualche numero di fratelli -ricorda il solito segretario - a dare il buon viaggio per parte della nostra compagnia all’illustrissimo signor Luigi Ferdinando Marsili, quale nuovamente si protestò a voler cooperare alla fabbrica della cappella e che però desiderava di trovarsi il giorno seguente in visita con l’architetto,